Il primo provvedimento della nuova ministra islandese della pesca, l’ecoprogressista Svandís Svavarsdóttir, è stato la sospensione della pesca di qualsiasi tipo di balena. Chi immaginava che, dopo l’arretramento elettorale nel settembre scorso che aveva portato a perdere il dicastero dell’ambiente, il partito della premier Katrín Jakobsdóttir avrebbe rinunciato alle sue battaglie storiche si sbagliava.

La ministra Svavarsdóttir ha affidato al quotidiano conservatore Morgunblaðið un’intervista nella quale ha annunciato la sospensione dei diritti di pesca a partire dal 2024 sostenendo che la caccia ai cetacei «non ha avuto molta importanza per l’economia nazionale negli ultimi anni. Negli ultimi tre anni non sono state catturate grandi balene, e solo una balenottera minore è stata catturata nel 2021. Dunque ci sono poche prove che ci sia un vantaggio economico, poiché le aziende che hanno una licenza sono state in grado di catturare balene negli ultimi anni ma non l’hanno fatto». Ha poi aggiunto che «in un contesto storico, queste attività di pesca hanno avuto un impatto negativo sugli interessi di esportazione del Paese. Il rischio di una reputazione negativa per l’Islanda, connesso al mantenimento di questa attività di pesca, è considerevole». Lo stop alla caccia alle balene è da sempre uno dei punti programmatici di Vinstri Græn (Sinistra Verde) ma l’alleato conservatore del Partito dell’Indipendenza non aveva mai voluto cedere la poltrona ministeriale nonostante i ripetuti scandali che hanno riguardato i propri rappresentanti e i loro legami con le potenti lobby delle grandi industrie della pesca.

La scelta della neo ministra di giustificare il divieto con ragioni economiche si poggia su dati evidenti: da un lato la scarsissima richiesta interna (solo l’1,5% degli islandesi ha dichiarato di comprare carne di balena 1-6 volte all’anno) e, dall’altro, la progressiva diminuzione delle esportazioni verso l’unico mercato interessato al prodotto, il Giappone, che negli ultimi anni ha diminuito drasticamente la domanda interna e aumentato la caccia nelle sue acque territoriali.

La caccia alle balene in Islanda era già stata sospesa a cavallo del secolo ma nel 2006 fu reintrodotta, con feroci polemiche interne e internazionali. Negli ultimi anni si erano però modificate, progressivamente, le tipologie di cetacei cacciabili ed erano aumentati considerevolmente i guadagni in ambito turistico attraverso il whale watching l’osservazione dei grandi cetacei davanti alle coste dell’isola. Con questa decisione l’Islanda si sfila definitivamente da Norvegia e Giappone che sono rimasti gli unici paesi al mondo dove è consentita ancora questo tipo di pesca.