Occorre segnalare al vice ministero degli esteri Staffan De Mistura che la vicenda dei quattro giornalisti italiani in Siria è finita bene, sono liberi, e che finalmente possiamo descrivere l’accaduto per quello che è stato: un sequestro di persona. Ieri sera De Mistura continuava a ripetere che i giornalisti sono stati «trattenuti e non rapiti» da un non meglio precisato “gruppo armato”. «L’importante è il risultato: che ora sono liberi», ha detto. Ma se erano solo “trattenuti” perchè il vice ministro parla di “liberazione”? Sia come sia, è finita la brutta avventura per l’inviato Rai Amedeo Ricucci, il fotoreporter Elio Colavolpe, il documentarista Andrea Vignali e la giornalista freelance Susan Dabbous, di origini siriane. Ieri si trovavano ora al sicuro in Turchia. Non è chiaro se per il loro rilascio sia stato pagato un riscatto.

«Stiamo bene, stiamo tutti bene. Ci hanno trattati bene e non ci hanno torto nemmeno un capello», sono state le prime parole di Ricucci dopo la liberazione. «Eravamo in mano a un gruppo islamista armato che non fa parte dell’Esercito libero siriano», la milizia dell’opposizione. Secondo l’inviato della Rai sarebbe stato tutto «un malinteso» (durato 9 giorni?). Il gruppo di reporter, ha aggiunto, sta bene anche se  «la privazione della libertà è una tortura psicologica».

I quattro erano arrivati nelle zone a nord della Siria controllate dai ribelli anti-Assad, il 2 aprile scorso, per un programma della trasmissione Rai “La Storia siamo noi”. Le loro tracce si erano perse il 4 aprile, quando sono stati fatti prigionieri da ribelli qaedisti legati a Jabhat an Nusra, la formazione armata, formata da combattenti jihadisti provenienti da diversi paesi, ritenuta il principale avversario sul campo di battaglia dell’esercito governativo siriano. Ai giornalisti inizialmente sarebbero state contestate le immagini che avevano girato nei pressi di una base dei qaedisti. Dopo si è saputo poco o nulla di loro e la Farnesina ha chiesto il silenzio-stampa. Stando a quanto hanno riferito nei giorni scorsi fonti ben informate, i rapitori avrebbero controllato, attraverso il motore di ricerca in internet Google e il suo sistema di traduzione immediata, le «credenziali» dei giornalisti, per accertarsi che non fossero legati a Damasco. Altre indiscrezioni dicono che alla mediazione con i sequestratori oltre alla Farnesina avrebbero partecipato a distanza anche rappresentanti della famiglia siriana alla quale appartiene Susan Dabbous. Voci e indiscrezioni che saranno confermate o totalmente smentite dai quattro giornalisti nei prossimi giorni. Per ora c’è la soddisfazione del loro rientro a casa, forse già avvenuto nel corso della notte.