Dei veri e propri colossi solcano quotidianamente i mari, compaiono all’orizzonte, attraccano e stazionano nei porti. Pensiamo ad esempio alle navi da crociera: le più grandi raggiungono 230 mila tonnellate, possono superare abbondantemente 350 metri di lunghezza e 60 di larghezza (quella di un campo da calcio) e imbarcare, tra passeggeri ed equipaggio, tra le 7 e le 8 mila persone. Ce ne sono in circolazione circa 360, ma sono in aumento. Per muovere queste città galleggianti, ma anche altri giganti come le navi cargo, servono motori potentissimi e molto inquinanti.

IN UNA RECENTE STIMA DELLA COMMISSIONE europea risulta che almeno 50 mila cittadini europei all’anno muoiono a causa delle emissioni del trasporto marittimo. Ciononostante il tema è sempre stato poco discusso e i suoi danni sottostimati. Ad occuparsene in Italia gruppi ambientalisti come «Cittadini per l’aria» che da anni sollevano il problema dell’impatto delle emissioni marittime e la necessità di una regolamentazione più rigorosa per il Mar Mediterraneo. Da qualche tempo finalmente qualcosa si muove. A gennaio la Francia aveva annunciato la volontà di istituire una zona internazionale di limitazione dell’inquinamento delle navi (ECA) a livello di Mediterraneo per ridurre l’inquinamento atmosferico del settore marittimo. Poco dopo anche la Spagna ha offerto il suo supporto, ed ora anche l’Italia: nell’ambito del G7 dei Ministri dell’Ambiente è stato deciso di realizzare un’iniziativa congiunta per ottenere la dichiarazione di una ECA da parte della Commissione Europea. Si tratta di un passo importante in relazione a un problema reso più grave anche da una legislazione a macchia di leopardo.

CON L’INDUSTRIA MARITTIMA IN TERMINI di riduzione dell’inquinamento atmosferico si è molto indietro rispetto ad altri settori. Le tantissime e gigantesche navi in circolazione utilizzano ancora combustibili di bassa qualità e l’inesistenza di norme che impongano il trattamento dei gas di scarico, le rendono una minaccia significativa per la salute umana, l’ambiente e il clima.

Il combustibile che viene utilizzato per la propulsione della maggior parte delle navi è un arcaico olio pesante (HFO), un prodotto residuo della raffinazione del petrolio che contiene quantità di zolfo – fino a 3500 volte superiore a quello dei motori diesel da strada – che producono un mix di sostanze tossiche micidiale. Elevatissime le emissioni di diossido di zolfo, (SO2) un irritante delle vie respiratorie responsabile dell’aumento dei tassi di mortalità nelle aree costiere. L’SO2 è anche un precursore del particolato (PM), correlato con l’incremento degli attacchi d’asma, arresti cardiaci, bronchiti croniche e tumore ai polmoni. Ancora più nocivi per la salute sono tutta una categoria di ossidi, quelli dell’azoto (NOx): oltre a diminuire la funzionalità polmonare e aumentare il rischio di malattie cardiovascolari, sono precursori dell’ozono, che causa irritazione e infiammazione del sistema respiratorio, mal di testa, una compromissione delle capacità fisiche e un aumento della frequenza degli attacchi d’asma.

E POI C’E’ IL BLACK CARBON (BC), la frazione carboniosa del particolato atmosferico emessa in ogni processo di combustione incompleta, in particolare nell’uso di questi oli pesanti: studi epidemiologici condotti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) hanno dimostrato che l’esposizione al BC è direttamente correlata a malattie dell’apparato respiratorio e cardiocircolatorio. Inoltre, alcune frazioni di Organic Carbon contengono gli Idrocarburi Poli Aromatici, ( IPA ) notoriamente tossici, cancerogeni e mutageni. Queste sostanze hanno pesanti ripercussioni anche sul riscaldamento globale e gli ecosistemi: l’ozono, che a livello stratosferico ci protegge dalla radiazioni U.V., a bassa quota è un potentissimo gas serra; il particolato carbonioso – che appartiene al gruppo dei cosiddetti «inquinanti climatici a vita breve» (SLCP), e che è riconosciuta essere il secondo maggior fattore di riscaldamento climatico dopo l’anidride carbonica. Alti livelli di black carbon possono contribuire ad innalzare anche di due gradi la temperatura locale, ma non solo.

SEBBENE SIA PRODOTTO NELLE AREE densamente popolate, le correnti atmosferiche possono trasportarlo molto lontano, fin sui ghiacciai. E dal momento che il colore scuro assorbe l’energia dei raggi solari molto più del bianco (che li riflette), l’effetto è quello di scaldare la superficie del ghiaccio, velocizzandone la fusione. Per quanto riguarda gli ossidi di azoto e di zolfo, quando si mescolano con il vapor d’acqua atmosferico sono responsabili del fenomeno del piogge acide, che corrodono la vegetazione ed i monumenti ed alterano il pH dei suoli.

La navigazione marittima è già la principale causa di emissioni atmosferiche inquinanti in Europa e secondo la ONG Transport & Environment a causa del continuo aumento del traffico marino, nel 2020 in Europa le emissioni di ossidi di azoto e di zolfo delle navi supereranno quelle di tutte le altre fonti.

LE NAVI DA COMMERCIO INTERNAZIONALE che hanno attraversato i mari che circondano l’Europa, (Mar Baltico, Il Mare del Nord, Il Nord-est Atlantico, il mediterraneo e il Mare del Nord ) nel 2000 è stato stimato abbiano prodotto 2,3 milioni di tonnellate di anidride solforosa e 3,3 milioni di tonnellate di ossidi di azoto, oltre a 250 mila tonnellate di PM. In base agli scenari di traffico ci si aspetta che nel 2020 un incremento del 40-50 %. E bisogna pensare che questi dati si riferiscono solo ai tragitti internazionali, non includono il traffico navale interno ai singoli stati.

Le tecniche per la riduzione delle emissioni sono già disponibili: combustibili a basso tenore di zolfo, come il gasolio marino o il gas naturale liquefatto (GNL), carburanti alternativi o motori a propulsione rigenerativa, sistemi combinati di filtri anti-particolato e catalizzatori. Ma affinché l’industria si adegui sono necessarie regolamentazioni più severe: le aree a controllo delle emissioni (ECA – Emissions Control Area) sono uno dei modi più efficaci per ridurre drasticamente le emissioni.

GLI STATI LITORALI DEL NORD EUROPA sono stati i primi ad agire in questo senso, concordando di designare il Mare del Nord, il Mar Baltico e il Canale della Manica un’area a controllo delle emissioni per lo zolfo (SECA) con limite di tenore di zolfo nel carburante dello 0,1% dal 2015 e per l’azoto (NECA) uno standard TIER III dal 2021 in poi. Ed i risultati già ci sono : La SECA nordeuropea ha già ottenuto una riduzione degli inquinanti atmosferici di oltre il 50% e importanti benefici socio-economici quantificati in miliardi di euro.

Un’altra misura importantissima è rappresentata dall’elettrificazione delle banchine nei porti perché in relazione in particolare alle navi da crociera c’è un’altra assurdità: non si spengono mai; basti pensare che per esempio è emerso da un recente studio dell’Università Federico II che il 98% delle emissioni da navi da crociera a Napoli dipende dallo stazionamento in banchina con i motori accesi.

ALLO STATO ATTUALE LA DIRETTIVA UE sul contenuto di zolfo dei carburanti marittimi prescrive un tenore massimo di zolfo dello 0,1% per i carburanti utilizzati dalle navi all’ormeggio nei porti dell’UE. Inoltre, le navi passeggeri che effettuano servizi regolari da o verso qualsiasi porto dell’UE devono utilizzare, al di fuori della SECA, combustibili con un tenore di zolfo non superiore all’1,5% . Nonostante queste limitazioni i dati navali a livello europeo indicano che le emissioni di SO2 sono molto più elevate lungo le rotte al di fuori dell’area SECA esistente. Le stesse compagnie che hanno dovuto cambiare ed adeguarsi in Nord America e Nord Europa, nel Mediterraneo usano ancora i carburanti inquinanti. E le maggiori spese che le compagnie di navigazione sostengono nelle zone ECA (ad esempio per i carburanti puliti che sono più costosi) potrebbero indurre le stesse a dirottare la navigazione nel più economico Mediterraneo.

È ESTREMAMENTE NECESSARIO QUINDI che anche nel Mediterraneo venga istituita un’area ECA altrimenti vedremo ancora dopo il 2020, un patchwork di regolamentazione nei mari europei con emissioni più elevate nella regione mediterranea e atlantica con livelli di protezione della salute e dell’ambiente diversi all’interno della Ue, e livelli diversi di competitività sul mercato. L’Italia, al centro di un mare così fragile come il Mediterraneo, in questo percorso deve avere un ruolo centrale.