Mentre perfino Donald Trump, nel bel mezzo del vertice con Kim a Hanoi, trova il tempo di ringraziare con un tweet Fca per i 4,5 miliardi di dollari di investimenti e i 6.500 nuovi posti di lavoro per la nuova fabbrica a Detroit, in Italia tocca accontentarsi. Il piano di investimenti totali per l’Italia è simile a quello della sola Detroit. A Pomigliano l’azienda ha annunciato nuovi lavori allo stabilimento – al reparto verniciature – che hanno fatto subito gridare alla messa in produzione del nuovo Suv Alfa, ma al momento non c’è nessun impegno formale e soprattutto non c’è una data per la messa in produzione mentre al Giambattista Vico il contratto di solidarietà scadrà a settembre.
Il giorno dopo la rottura fra Fca e Fiom al tavolo – ancora in apartheid – sono gli altri sindacati a farsi sentire. Preparando il terreno alla firma dell’ennesimo contratto separato che potrebbe arrivare già mercoledì prossimo. Ieri sono arrivate dichiarazioni incendiarie da parte del segretario della Fim Marco Bentivogli. Dopo aver difeso Fca su Detroit – «Per chi conosce imprese e lavoro, gli stabilimenti in Michigan andavano rifatti da tempo perché molto più indietro anche di Pomigliano», peccato che si tratti di una fabbrica nuova – Bentivogli ha attaccato la Fiom: «La rottura era attesa, con loro avevamo atteso 7 mesi, fatto incontri per trovare una sintesi comune, da un giorno all’altro abbiamo visto la loro piattaforma sul loro sito nazionale». In realtà il tentativo di presentare una piattaforma unitaria era saltato per la richiesta di Fim e Uilm di riconoscere (e firmare) il contratto precedente, inaccettabile per la Fiom.
Più pacata la reazione della Uilm. «Siamo sempre rammaricati quando un percorso di collaborazione non va a buon fine – spiega il segretario nazionale con delega all’auto Gianluca Ficco -. Andiamo avanti negli interessi dei lavoratori, il 5 e il 6 cercheremo di chiudere anche se Fca ci chiede molto sul capitolo malattie e codice disciplinare, mentre noi abbiamo chiesto un aumento sulla paga base del 10 per cento in 4 anni. Se non riuscissimo a chiudere e a firmare il contratto si aprirebbero problemi complessi», pronostica Ficco. La Uilm poi concorda con la richiesta della Fiom di un tavolo ministeriale sul futuro dell’intero settore dell’auto. «Invece che incaponirsi su una battaglia folle per l’elettrico che favorirà solo i gruppi asiatici che sono molto più avanti di Fca, il governo dovrebbe riunire tutti gli attori dell’automotive e noi sindacati per decidere quale strada imboccare per il futuro specie in questo momento in cui nessuno sa prevedere come andrà il mercato e, ad esempio, quante 500 elettriche saranno vendute a Mirafiori», conclude Ficco citando lo stabilimento italiano più in difficoltà.
E sempre ieri è stato il responsabile Relazioni industriali di Fca Pietro De Biasi a confermare i numeri e i timori nell’audizione alla Camera in commissione lavoro. Se De Biasi ha confermato che ben «il 90% degli utili di Fca sono realizzati nel mercato Nafta dove gli Stati Uniti giocano la parte del leone», la previsione sugli impatti occupazionali del «processo irreversibile verso il motore elettrico» «con la carenza di infrastrutture dedicate all’auto elettrica e la «presenza di un mercato in Italia dello 0,5%, con una media Ue al 2%», potrebbero tradursi in un «impatto occupazionale significativo su tutta la filiera», ha aggiunto citando alcuni dati di uno studio tedesco. «Un impatto negativo che non si avrebbe invece – ha concluso De Biasi – con il passaggio a veicoli ibridi».