L’articolo più pericoloso: il numero 8, quello che assegna a Orban, o a chi per lui, il potere di censurare un commento scritto su una pagina Facebook italiana. O spagnola, tedesca, greca. Francese.

E poi c’è l’articolo che rivela la totale sottomissione alle Big Tech: quello che impone ai provider di cancellare entro 72 ore qualsiasi cosa in rete violi il copyright. O sia considerata pericolosa. Tempo che si riduce a mezz’ora – mezz’ora – nel caso di uno streaming on line non autorizzato. Un concerto, una partita. Un evento, una manifestazione. E ovviamente – in un lasso di tempo tanto breve – non sarà possibile alcun intervento umano. Così FaceBook, Twitter, Instagram metteranno i filtri preventivi. Che pure in qualche paragrafo nascosto sono definiti “non strettamente necessari”. Ma sono solo parole, perché per evitare guai le Big Tech introdurranno gli “upload filters” e quindi decideranno loro cosa e quali discorsi pubblicare.

Ed ancora. Il capitolo più assurdo, che quasi simbolicamente è proprio il primo. Che rivela o l’assoluta incompetenza di chi l’ha scritto o, più probabilmente, la sua ipocrisia. È quello dove si chiede ai provider di rimuovere i messaggi di fake news, quelli che incitano all’odio e così via. Per farlo, per esempio WhatsApp, dovrebbe violare la crittografia. I messaggi non sarebbero più né sicuri né privati. L’incompetenza o l’ipocrisia stanno nel fatto che il legislatore esclude da quest’obbligo i “messaggi o gli email privati”. Non spiegando come si possa fare senza leggere tutta la corrispondenza.

E poi c’è – forse – l’aspetto più inquietante. Più difficile da digerire: che il testo è stato approvato – oltre che dai popolari e dalle destre – anche da un pezzo della sinistra. Addirittura da The Left, la sinistra europea.

Sì, perché d’Europa si parla. Il testo in questione è quello “licenziato” tre giorni fa dalla commissione giuridica di Bruxelles, Juri in sigla.

È il parere della commissione giuridica sul Dsa, la normativa monster sui servizi digitali, che dovrebbe completare il quadro legislativo su tutto ciò che riguarda la comunicazioni, i servizi, il business on line.

Certo, va detto che ciò che ha scritto lo Juri non è immediatamente tradotto in leggi. Quei suggerimenti vanno ora alla commissione per il mercato interno. Che però subito, su due piedi, ha varato un calendario strettissimo per concludere i suoi lavori entro dicembre. Prima di passare l’incartamento per la definitiva approvazione. Due mesi ma questo non sminuisce di un millimetro le preoccupazioni di tutte le associazioni digitali, perché il parere dello Juri non è stato quasi mai contraddetto.

E se anche stavolta sarà così, ci si troverà di fronte ad una serie di norme che vanno esattamente nella “direzione opposta alla tutela dei diritti umani”, per dirla con Eliska Pirkova, responsabile del Global Freedom of Expression di Access Now. O per usare le parole ancora più dure di Jan Penfrat, dell’ EDRi, l’European Digital Rights: “Il testo minaccia la nostra libertà di espressione e lascia le persone, specialmente le più emarginate, in balia dell’arbitrarietà delle Big Tech”.

Con una perla, sopra alle altre delle quali si parlava all’inizio. Sì, perché il documento approvato introdurrebbe anche una misteriosa nuova figura: con l’articolo 14 nascerebbe il “segnalatore attendibile”.

Per capire di cosa si sta parlando: se una major denuncia un utente o un sito per violazione di copyright e si accerta che ha ragione, se un ufficio statale chiede la rimozione di un contenuto pericoloso e tale poi risulterà, immediatamente otterrà la qualifica di “segnalatore attendibile”. E avrà così la patente per chiedere il blocco di ulteriori messaggi e video senza che il fornitore di servizi debba verificare la legittimità della richiesta. Qualcuno in rete già li definisce i “nuovi censori certificati”.

Questo castello di divieti e norme opprimenti, s’è detto, è passato a maggioranza. Popolari e destre compatti, con l’unico rappresentante italiano in commissione, Raffaele Stancanelli, di Fratelli d’Italia, che ha votato a favore di tutti i passaggi. Socialisti per lo più contrari, con qualche distinguo di troppo. Ma la cosa che ha colpito un po’ tutti gli osservatori è il sì di The Left, il gruppo che mette insieme la sinistra radicale da Die Linke a Podemos.  Voto favorevole di The Left – nello Juri  rappresentata da un deputato francese – anche sul capitolo che assegna ai governi dei paesi europei la possibilità di chiedere la cancellazione di un contenuto pubblicato in un altro paese, se considerato pericoloso. Offensivo. O magari eversivo.

Qualcuno, fra i più ottimisti, come il relatore di minoranza nello Juri, il verde-pirata Patrick Breyer, dice di non credere che “tutti i suoi colleghi siano consapevoli delle implicazioni, delle drammatiche implicazioni del testo approvato”. Tanti altri parlano invece di pesanti ingerenze delle lobby. Fatto sta che il tempo a disposizione è poco. E per ora c’è solo un appello di 45 organizzazioni della società civile. Poco, troppo poco.