Ici et ailleurs. Il titolo del film di Jean-Luc Godard sembra suggerire lo snodo principale per orientarsi sulla carta delle nuove possibilità dell’immagine indagate nella prossima edizione di Filmmaker Festival 2014, a Milano dal prossimo 28 all’8 dicembre. Appuntamento imprescindibile per esplorare e comprendere le nuove combinazioni delle forme del cinema, con il consueto e affettuoso sguardo alla sperimentazione e all’innovazione nella produzione audiovisiva italiana. il Festival, diretto da Luca Moss, aprirà il 28 novembre al Cinema Arcobaleno con Jauja del visionario regista argentino Lisandro Alonso, dolente riflessione, incarnata da Viggo Mortensen, sull’eredità dell’imperialismo europeo nel Sud America, mentre il 4 dicembre verrà inaugurata l’installazione di Yuri Ancarani San Siro, fino all 8 dicembre, presso la GAM di via Palestro.

Qui e altrove, dicevamo, a partire dai dieci lungometraggi del concorso che, geograficamente e non, documentano un microcosmo in grado di travalicare la dimensione spaziale in cerca di un approdo «inedito». É il caso di In Sarmatien di Volker Koepp – titolo che per assonanza ricorda il paese di Satriano raccontato da Michelangelo Frammartino e il suo Alberi, cine-installazione che ha accompagnato tutto l’edizione scorsa del Festival – film su una regione antica, «persa» fra i confini lituani e polacchi, fra tradizioni oniriche e bucoliche alla ricerca di un posto nell’atlante del mondo. Un posto che l’Abkhazia, filmata da Eric Baudelaire nel suo Letters to Max, chiede con forza da decenni: ex territorio della Georgia, proclamatosi stato indipendente nel 1991, soltanto pochi anni fa è stato riconosciuto dalla Russia ma non dal resto del mondo. Baudelaire filma le città dell’Abkhazia quasi sospese fra paradosso ed eterna attesa, e sembra quasi regalare a quei luoghi l’identità nazionale e culturale tanto agognata mentre il carteggio con l’amico diplomatico Max fa emergere l’estremo bisogno di futura legittimazione di un popolo sconfitto e disilluso.

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Mentre Lav Diaz affida la speranza di un futuro, per le sue Filippine devastate dalle alluvioni, ai bambini di Storm Children, Book One, Osamma Mohammed e Wiam Simav la ripongono in un gatto mutilato e nell’erba che cresce nelle case rase al suolo della Siria nello sconvolgente Ma’a al-Fidda – Sirye Autoportrait. Altre geografie ci portano a Bastia, paese dalle terre selvagge, più precisamente a Lupino, omonimo film di Francois Farellacci e Laura Lamanda, quartiere difficile e marginale, chiuso fra un tunnel, la spiaggia e il panorama, e animato da un gruppetto di ragazzi che folleggia, vaga fra le strade della città, le feste di paese, spinti dal sole che brucia le spiagge della Corsica. Per poi, grazie a un viaggio sulla memoria e il paesaggio, incontrare la Grecia di Hölderlin in Hyperion di Maria Giovanna Cicciari (in anteprima assoluta), presente insieme ad altri nove registi italiani (tra cui Francesco Dongiovanni con Giano, anche questo un’anteprima, Alessandro Abba Legnazzi con Rada, Gigi Giustiniani col suo Ninì, Fatima Bianchi con Tyndall). nella sezione Prospettive, dedocata ai giovani registi italiani e per la prima volta competitiva.

Incursione, fuori concorso, nella «finzione» è la lunga notte senza sonno di Cavalo Dinheiro di Pedro Costa, vincitore a Locarno del premio per la miglior regia, dove i fantasmi della Storia e della lotta per l’indipendenza capoverdiana dal Portogallo diventano un viaggio claustrofobico e allucinato in una sorta di purgatorio psicologico.

Tra le (tante) altre suggestioni festivaliere, una selezione dal titolo Fuori Formato che accoglie tutte le zone di confine della sperimentazione, oltre a omaggiare due figure fondamentali del cinema di ricerca come Peter Tscherkassky e Eve Heller.

Infine la masterclass, il 30 novembre, col titolo Filmare il conflitto, sarà tenuta da Lech Kowalski, protagonista della retrospettiva completa di quest’anno. Un regista che con oscenità e furore ha prima raccontato le devastazioni, non soltanto musicali del punk per poi documentare la ribellione delle dinamiche sociali, dagli anarchici di Cracovia agli orfani della città di Kabul fino ai deleteri effetti sulla vita e sul paesaggio del freaking in Polonia.