La storia della musica vive anche di inaspettati ma proficui paradossi. Ad esempio che un signore molto inglese, molto colto, ma non necessariamente portato per i pentagrammi, e che sI è sempre definito «un non musicista» sia diventato, nel corso dell’ultimo cinquantennio, dunque a cavallo tra due secoli, uno dei musicisti e produttori più rispettati, amati e presi ad ispirazione del pianeta. Da diversi mondi musicali, e non solo. Perché anche le sue opere visuali – con sconfinamenti nel digitale puro, in anticipo al solito su tutti – sono diventate oggetto di culto.

LUI SI CHIAMA Brian Eno, bel riassunto per un nome che per esteso suona come Brian Peter George St. John le Baptiste de la Salle Eno, oggi ha settantadue anni ben portati, e una carriera che, sotto l’aspetto discografico, potremmo dipanare su almeno una cinquantina di pubblicazioni, mettendo nel mazzo anche tutte le sue innovative idee di «ambient music», della quale è stato inventore, e a ruota uno dei principali protagonisti. Per i molti adepti di Brian Eno, una bella notizia che porta, per così dire, antiche novità. Uscirà il 13 novembre per la Universal Film Music 1976 – 2020, doppio ellepì, cd singolo e digitale, prima raccolta che offra il meglio delle sue produzioni per il cinema e la televisione.

E non solo: perché ben sette brani sono assolutamente inediti sul mercato, e dunque molto appetibili per chi ha una (legittima) venerazione per il geniale manipolatore e inventore di suoni, qualche volta integrati anche da una notevole voce acidula e scostante che ne accentua il fascino trasversale: obliquo come le «strategie oblique» che da una vita teorizza, per raggiungere i suoi obbiettivi.

La prima occasione di lavoro per Brian Eno nel cinema risale al 1970, mezzo secolo fa: la sonorizzazione di un cortometraggio sperimentale di Malcom Le Grice, Berlin Horse. Segue poi uno iato di alcuni anni, e nel 1976 Brian Eno è di nuovo coinvolto in una colonna sonora, Sebastiene, e per un film horror greco oggi ricordato solo dagli specialisti, Devil’s House.

NEL ’78, con tipico paradosso alla Eno, esce Music for Films: ma è un’opera concettuale per film mai girati, e solo l’ultima traccia, Final Sunset, è musica a tema per una vera produzione cinematografica. Va da sé chela situazione si capovolgerà negli anni: la «musica da film» immaginaria verrà davvero usata per sonorizzare veri film. A questo punto, il rovescio di fronte: sono i registi a scegliere brani di Brian Eno già editi, ritenendoli adatti alle proprie produzioni: lo fanno ad esempio tra gli altri grandi registi come Brian Lynch, Dario Argento, Michael Mann, Jonathan Demme, Derek Jarman, sodalizio, quest’ultimo, che conta ben quattro collaborazioni.

Oggi sono centinaia i brani di Brian Eno nella conta delle apparizioni su pellicola o per la televisione, più di venti le colonne sonore per film realizzate per intero, ed almeno cinque quelle realizzate per serie televisive, compresa la futuristica Neverwhere da Neil Gaiman. Niente male, per un «non musicista».