Se ne è andato, a 93 anni, il regista Filippo Crivelli, un nome forse poco noto al grande pubblico, ma che è stato fondamentale per il teatro di prosa, l’opera lirica, e perfino la televisione e la radio in Italia. E’ morto a Milano, dove era nato e sempre vissuto (sempre nella stessa casa, in centro). Persona affabile e molto rispettosa, quasi placida per quanto vulcanico nella fantasia (ma molto esigente, quasi implacabile invece al lavoro in scena) era per tutti Pippo. Laura Betti, di cui era amicissimo, abituata a nobilitare i maschili di pregio trasformandoli al femminile, lo evocava come «la Pippa»: erano amici da sempre, lui aveva diretto i suoi recital di canzoni d’autore, e lei nei primi anni 60 lo aveva introdotto in televisione.
Nella sua lunga carriera, iniziata come spettatore storico della prima rappresentazione al Piccolo di Milano, lui ha conosciuto, e collaborato e diretto, il meglio della scena italiana, con qualche episodio che oggi può sorprendere, ma che con lui era perfettamente coerente. Autore di grandi spettacoli e di frequentazioni curiose, tra parola e musica, è stato autore di memorabili spettacoli di Milva, Ornella Vanoni, e più di tutte Milly. Ma nel 1964 scandalizzò il generone romano al Festival di Spoleto. Lo spettacolo di canzoni popolari Bella ciao, da lui curato assieme a Roberto Leydi (e quindi dopo la lezione fondamentale di Ernesto De Martino) allineava un cast sorprendente, da Giovanna Marini a Sandra Mantovani, Michele Straniero, fino a Giovanna Daffini, la voce delle mondine.

PIACEVA MOLTO la musica a Crivelli, tanto che stringerà sempre più il suo legame con l’opera, trionfando con i suoi allestimenti alla Scala come nei maggiori teatri. Divenne così il regista di Maria Callas come di Renata Tebaldi, e via via di tutte le primedonne del teatro lirico. È lui a reinventare nel 1974 Ballo Excelsior, «azione coregrafica» di Achille Manzotti che dopo il debutto a fine 800, giaceva dimenticata. Lui ne aveva visto da bambino l’edizione per marionette dei fratelli Colla, e la ricreò in grande, con infinite repliche e tournée. Perché si muoveva con molta disinvoltura (e sicurezza) tra i diversi ambiti dello spettacolo. Aveva cominciato ad apprendere i primi rudimenti da Visconti e Antonioni sul palcoscenico, per passare alla Scala come aiuto di Tatiana Pavlova e poi di Franco Zeffirelli all’opera.

MA DOVUNQUE si dirigesse, aveva una preparazione adeguata. Oltre a una cultura senza limiti e a uno stile ineccepibile. Lui incarnava davvero la mitologia elaborata da Alberto Arbasino del «Gran Lombardo», quella linea di nobiltà culturale da Manzoni fino a Testori. Tra i suoi innumerevoli spettacoli, un posto fondamentale conserva dai primi anni 60 Milanin milanon con Milly, Tino Carraro, Anna Nogara e un ancora poco noto Enzo Jannacci. Mentre alla Scala come all’Opera di Roma metteva in scena le novità della creazione musicale prossima ventura.
Negli stessi anni era molto presente in televisione: la Rai poteva contare su di lui per trasmettere nuove presenze che erano già sue amiche, da Paolo Poli a Franca Valeri. Per la tv dei ragazzi come per la prima o seconda serata. È stato davvero un genio a tutto campo Pippo Crivelli, discreto senza voler troppo apparire, coltissimo ma ben consapevole del gusto popolare. Pronto con assoluta naturalezza alla sperimentazione del nuovo, così come della cultura popolare riabilitata.
Gli piaceva collaborare con i grandi artisti visivi, ed era pronto a gettarsi in opere monstre. Così fu chiamato dal sindaco Corrao a Gibellina vecchia, dove Burri stendeva il suo Cretto di cemento sulle rovine del terremoto, a inaugurare quelle che sarebbero divenute le Orestiadi. Con le straordinarie macchine scenografiche di Arnaldo Pomodoro e Emilio Isgrò a riscrivere l’Orestea di Eschilo, lungo tre annate: grande cast e successo mondiale. Con la sua quieta e acuminata simpatia, il buon gusto e la tranquillità del mestiere, mancherà molto alla scena italiana un maestro ancora tutto da rivalutare.