Il numero dei nuovi casi positivi al coronavirus torna al di sotto delle diecimila unità. È un lunedì, dunque il calo è fisiologico. Ma se si confrontano i dati su base settimanale, negli ultimi sette giorni i nuovi casi sono calati del 25% rispetto a una settimana prima. Non è altrettanto positivo il dato sui decessi: nelle ultime 24 ore sono stati 358, ma la media dell’ultima settimana (469) è del 10% superiore ai 425 morti giornalieri dei sette giorni precedenti. Dopo 5 giorni consecutivi di calo, ieri i pazienti in terapia intensiva sono risaliti di 8 unità a quota 3593.

SI FA ATTENDERE ancora l’effetto delle vaccinazioni, che non procedono al ritmo sperato. Nemmeno questa settimana si prevedono decise accelerazioni, nonostante l’arrivo di nuove dosi. Lo si evince dagli obiettivi fissati dal commissario Figliuolo per la settimana 16-22 aprile e comunicati ieri dal generale. Che le dosi ci siano lo conferma lo stesso Commissario: «Sono oltre 4,2 milioni i vaccini che verranno complessivamente consegnati tra il 15 e il 22 di aprile alle strutture sanitarie delle Regioni», fa sapere. Si tratta di tre milioni di dosi del vaccino Pfizer, mezzo milione di AstraZeneca, 400 mila dosi di Moderna e anche le prime 180 mila dosi Johnson&Johnson.

«Per la settimana 16-22 aprile – prosegue Figliuolo – si stimano circa 315 mila somministrazioni giornaliere negli oltre 2.200 punti vaccinali in tutta Italia attivi».

NON C’È MOLTO da festeggiare: è quanto il generale aveva promesso per la fine di marzo. Non si tratta infatti di un’accelerazione, visto che già il 9 aprile si ne erano inoculate 316 mila dosi. È un’ammissione esplicita di un nuovo obiettivo mancato dal piano vaccinale: raggiungere la media di 500 mila vaccinazioni al giorno entro il 20 aprile.

Se la campagna procede a rilento, stavolta il governo non può dare la colpa alle case farmaceutiche, visto il numero di dosi in arrivo. Oltre alle consegne programmate, nei frigoriferi giacciono poi altri due milioni di dosi ancora da somministrare. Le dosi disponibili sono dunque oltre sei milioni.

La lentezza non si spiega nemmeno con la necessità di fare scorta di dosi per garantire i richiami: l’ultimo parere dell’Aifa permette di allungare il tempo tra le dosi dei vaccini a mRna fino a sei settimane. Né si può invocare la diffidenza della popolazione contro i vaccini, un tema probabilmente sopravvalutato: in Basilicata, dove non serve prenotazione per ricevere il vaccino AstraZeneca, le file di over 60 hanno iniziato a allungarsi già all’alba, con ore di anticipo rispetto agli orari di apertura.

LA PROVA CHE UN’ALTRA campagna vaccinale è possibile la forniscono gli altri stati europei. Pur ricevendo lo stesso numero di dosi dell’Italia, la Francia ha già superato le 500 mila vaccinazioni al giorno. La Spagna, che ne ha ricevute meno di noi, ha comunque toccato quota 450 mila. La Germania, con circa il 20% di dosi in più, ci ha letteralmente doppiato, con oltre 700 mila somministrazioni in 24 ore. Il rallentamento è dunque da imputare alle difficoltà organizzative, non benissimo per uno specialista di logistica come il generale: le vaccinazioni presso medici di base e farmacisti stando partendo a rilento e gli operatori non sono sufficienti. Solo ieri il bando per reclutare vaccinatori è stato allargato anche ai medici specializzandi.

ORA CHE SI PROCEDE solo in ordine di età rischiano di farne le spese le categorie più fragili e a rischio costrette in panchina. Oltre ai malati oncologici, vaccinati solo al 7,3%, attendono anche i detenuti e il personale penitenziario, rinchiusi in ambienti sovraffollati. Tra prigionieri e poliziotti, i positivi sono saliti a 1521. Vaccinare i detenuti però sarebbe «roba da matti» secondo un tweet di Salvini. Il “matto” sarebbe l’assessore alla sanità del Lazio Alessio D’Amato, che propone di usare il vaccino monodose Johnson&Johnson per mettere in sicurezza le prigioni nel giro di tre giorni.

A Salvini ha risposto il garante dei detenuti Mauro Palma: «Nessuno ha detto di somministrare le dosi ai soli detenuti ma di vaccinare presto l’intero mondo penitenziario, che prevede quindi anche e in primo luogo i lavoratori». Il tweet maldestro di Salvini colpisce tra l’altro una delle poche operazioni riuscite alla giunta leghista lombarda. In Lombardia, infatti, «è quasi finita la vaccinazione negli istituti penitenziari». L’operazione potrebbe essere estesa a livello nazionale con poco sforzo, secondo il Garante: «Parliamo di circa 80-90mila persone tra ristretti e reclusi e, dosi permettendo, si possono immunizzare in meno di una giornata».