Storicamente, lo spettacolo calcistico è stato un luogo centrale per l’organizzazione del sistema sportivo mondiale. La pratica del calcio è cresciuta e si è affermata sempre attraversando controversie morali, economiche, politiche, religiose e di ordine pedagogico. La spettacolarità di questo gioco ha avuto, in questo senso, la capacità di trasformarlo in uno strumento per creare e influenzare gruppi sociali e per interpretarne le interazioni. Il calcio è inoltre oggi un dispositivo fondamentale per porre le premesse per la circolazione di oggetti materiali e simbolici e soprattutto per controllare le dinamiche di obbedienza della società civile a un ordine istituzionale ideale.

Nonostante sia poco originale, è sempre necessario ricordare che il sistema calcistico mondiale ha vissuto negli ultimi dieci anni un processo di omogeneizzazione. Il significato e il valore del gioco sportivo sono sempre più stati finalizzati a fomentare l’industria dello spettacolo. Il consumo è diventata la premessa di questo spettacolo ed è proprio qui che possiamo incontrare gran parte dei simboli che sono stati storicamente oggetto di disputa. L’élitizzazione del consumo del calcio, legata alla sempre piú profonda intermediazione dei media televisivi, è necessaria per articolare nuove forme di consumo. Il “nuovo cittadino globale”, lontano dalla confusione e dal pericolo degli stadi, risulta oggi il fruitore privilegiato dello spettacolo calcistico. Ma questa è una costruzione, creata nell’ultimo decennio dalla FIFA, che perfettamente si inscrive in un modello di organizzazione sociale neoliberale.

Nei giorni scorsi, un gruppo di procuratori statunitensi, mettendo la FIFA stessa al centro della tempesta, hanno probabilmente dato il via a una trasformazione dello scenario che abbiamo appena descritto. La denuncia di corruzione contro le alte sfere dell’organizzazione sembra rivelare una rete di interessi legata alla concentrazione di potere e di capitali economici. Tale rete era chiaramente un supporto fondamentale per garantire e legittimare l’egemonia della FIFA, la cui organizzazione di matrice ecumenico-civile è stata sempre abbastanza forte e ha, almeno finora, avuto il supporto della politica internazionale.

Gli eventi di questi giorni sembrano suggerire un’interpretazione di questa svolta come un tentativo per lo stato di riavere un ruolo di protagonista nella scena calcistica. Ma alcune domande restano ancora senza risposte definitive. È stata creata, attraverso questo utilizzo del sistema investigativo giudiziario, una crisi del sistema calcistico? E se è così, possiamo forse leggere in questo fatto una intenzione di dare un nuovo significato al calcio, attraverso un modello di egemonia culturale più funzionale ai poteri economici contemporanei, decretando questo sport come un oggetto esemplare di “lotta globale contro la corruzione”?

Quello che ha richiamato l’attenzione dei procuratori statunitensi è, in questo senso, un elemento che non può rimanere tra le righe, ma necessita di essere evidenziato. Questo perché sembra di assistere a nuova crociata morale della giustizia, che inserisce il calcio al centro della disputa per l’ordine mondiale, mettendo in discussione gli attori che hanno costruito e gestito questo sport negli ultimi dieci anni, con l’appoggio della classe dirigente politica ed economica.

Come è successo molte volte nella storia, alcuni grandi temi riguardanti il potere incontrano nel calcio un laboratorio culturale. Integrando flussi simbolici e pratiche sociali, il calcio di nuovo appare come un protagonista, in grado nello stesso tempo e di organizzare e trasformare le relazioni tra potere e la società e di rivestire questo processo di un’aura di spettacolo.

 

Matias Godio è antropologo dellUniversità Tres de Fevereiro, Buenos Aires (Argentina)

Alex Vailati è antropologo dell’Università Federale di Santa Catarina, Florianopolis (Brasile)