«La fiducia è prevista dal diritto parlamentare. Si può discutere dell’opportunità, io non sono particolarmente appassionato al tema. Il Rosatellum non è la nostra legge elettorale, è solo un po’ meglio del Consultellum». Non parla il presidente il Consiglio che ha messo la fiducia sulla legge elettorale, parla il segretario del Pd che lo ha spinto a farlo. Nel silenzio prolungato di Gentiloni, Renzi incassa subito i bonus che accompagnano la fiducia. Il governo si è logorato ed è più difficile ipotizzare un finale lungo della legislatura; il presidente del Consiglio ha improvvisamente perso quel patrimonio di pacatezza e moderazione che ne faceva un possibile leader non divisivo.

Per il segretario Pd sono due ottimi vantaggi collaterali del Rosatellum, una legge studiata per rovesciare i sondaggi e consentire a Pd e centrodestra di scavalcare il Movimento 5 Stelle. Rendendo più facili le larghe intese post voto tra Renzi e Berlusconi.

A questo punto manca poco per il bersaglio grosso del segretario, ma è ancora presto per dire che la missione legge elettorale è compiuta. Al senato si annunciano passaggi più difficili e giornate anche più incandescenti.

Con il governo praticamente assente dall’aula (solo un sottosegretario), a sottolineare l’entusiasmo dell’esecutivo, ieri la camera ha votato le prime due fiducie sul testo del Rosatellum. Entrambe sono passate con un quasi record negativo: 307 sì la fiducia sull’articolo 1 e 308 sì la fiducia sull’articolo 2. In dieci mesi il governo Gentiloni ha fatto peggio una sola volta, a fine luglio sul decreto vaccini. Forza Italia e Lega non hanno partecipato al voto ma torneranno provvidenzialmente in campo per il voto finale previsto a scrutinio segreto.

[do action=”quote” autore=”Matteo Renzi”]Non sono particolarmente appassionato alla legge elettorale, il Rosatellum non è quello che proponeva il Pd. È solo un po’ meglio del Consultellum.[/do]

I numeri delle fiducie, per quanto bassi, non autorizzano a farsi illusioni sull’eventualità che la legge venga affondata. Le votazioni di oggi già scontano una quota di deputati Pd dissidenti che non hanno risposto alla chiama (Cuperlo, Pollastrini, Monaco) e solo Rosi Bindi ha annunciato il suo no nel voto finale.

Franchi tiratori ce ne saranno sicuramente in tutti i gruppi, anche in quello dei democratici. Ma per avere successo dovrebbero essere un centinaio, visto che oltre cento voti in più sono quelli annunciati tra berlusconiani, salviniani e piccole formazioni di centrodestra.

Stamattina si comincia con la terza fiducia sul terzo articolo della legge elettorale, poi dal pomeriggio gli emendamenti agli articoli 4 e 5, non coperti dalla fiducia perché considerati dalla maggioranza pro Rosatellum non esposti alle rischiose votazioni segrete.

Almeno un emendamento, però, ed è l’unica modifica che il relatore concede all’aula, sarà approvato per correggere una norma del voto all’estero – non quella che d’ora in poi consentirà anche i residenti in Italia di candidarsi nelle circoscrizioni estere (pare interessi a Verdini). Gli ordini del giorno e le dichiarazioni di voto finali allungheranno di certo i lavori fino a sera. I grillini vorrebbero arrivare a venerdì e hanno organizzato una veglia di protesta al calar del sole.

Sono già occasioni di campagna elettorale, generosamente offerte dal Pd. Dal punto di vista pratico non cambia nulla, visto che la legge arriverà comunque in prima commissione al senato martedì prossimo. E da lì partirà una nuova corsa.

La maggioranza al senato è più ristretta, ma comunque con Forza Italia e Lega sufficientemente solida. Non sono previsti voti segreti, con l’eccezione di quelli sulle norme che riguardano minoranze linguistiche – una di queste però è proprio il famoso emendamento sul Trentino Alto Adige che ha affondato il «Tedeschellum» a giugno. La fiducia si giustifica soprattutto con la volontà del Pd di approvare definitivamente la legge prima dell’inizio della sessione di bilancio (i primi di novembre).

Una o più fiducie potrebbero essere presentate come la reazione al prevedibile ostruzionismo della sinistra e dei 5 Stelle. Soprattutto i grillini già annunciano l’intenzione di bloccare l’aula di palazzo Madama (prima di tutto c’è la legge sui vitalizi, dicono, stravolgendo completamente le priorità della maggioranza). Avranno maggiori margini di intervento visto che in questo caso la discussione parte da zero e non ha i tempi contingentati della camera.

C’è anche Giorgio Napolitano che annuncia un intervento polemico sulla norma che prevede l’indicazione del capo della forza politica, norma che adesso lo vede contrarissimo. L’ex presidente è contrario anche alla fiducia, che pure incoraggiò ai tempi dell’Italicum. Se non ci sarà discussione in aula, Napolitano potrebbe intervenire in commissione.

Per Renzi è ormai un avversario dichiarato e ieri, senza citarlo, lo ha attaccato per quello che disse contro il «Tedeschellum». Dimostrando una volta di più di appassionarsi alla legge elettorale.