Mentre impazza la Festa del Cinema, locandina e programmi di sala del Fidelio (ancora oggi e lunedì 24 in replica) al Parco della Musica di Roma propongono l’intenso bianco e nero di uno splendido fotogramma di Jail Bat (1937), film con Buster Keaton in cui il protagonista è incarcerato ingiustamente. Non è però l’unica assonanza riscontrabile con la lettura dell’opera di Beethoven offerta da Antonio Pappano, che torna al Fidelio a quasi dieci anni dal debutto, nel 2007 al Covent Garden. Nell’edizione che inaugura la stagione dell’Accademia di Santa Cecilia il contrasto fra luci e ombre sembra giocare, su più piani, un ruolo centrale. L’orchestra èimpegnata a disegnare l’alternanza formale e drammaturgica che nei due atti sviluppa una tensione plastica continua, ancorché contrastata, dal buio alla luce: dall’overture al coro dei prigionieri nel primo atto, dalla scena di Florestan alla salvazione finale nel secondo. Una luce radente illumina poi i profili neoclassici delle scene monumentali alla cui campiture Pappano conferisce una severità e un’ampiezza che ridimensionano però le tensioni all’empito romantico.

Lontano dalle pur fascinose interpretazioni «titaniche» o protowagneriane, questo Fidelio è infatti ancora più figlio del Flauto Magico di Mozart che padre del Franco Cacciatore di Weber: una chiave che fonda soprattutto nei principi morali dell’illuminismo le ragioni di un’invenzione musicale sublime, capace di trascende il genere della ‘piece au sauvetage’ in voga all’epoca, per elevare Fidelio al rango di umanissimo capolavoro. Ecco che anche i passaggi «comici» da singspiel, il registro solitamente più contestato dell’opera, acquistano risalto grazie al nitore del gioco mobilissimo di luci e ombre tessuto da Pappano, che ne sgrana e esalta la parola, guidando il guizzo dell’orchestra nell’accompagnamento sempre partecipe dei cantanti, stimolati a trovare le ragioni del teatro accanto a quelle canore, anche se la scena non c’è.
Infine, una luce interiore, eminentemente ‘morale’ pervade e veglia sulla speranza di giustizia di Florestan (Simon O’Neill ) e sull’intrepida ricerca di Leonora/Fidelio ( Rachel Willis Sorensen). Fa valere anche la brillante presenza il basso Gunter Groissböck nel ruolo di Rocco, mentre Sebastian Holecek conferma il tratto nero e violento del Pizzarro personaggio negativo a senso unico. Estremamente attenti al testo come al canto, mai forzato, Maximilian Schmitt (Jacquino), Amanda Forsythe ( Marzelline) e Julian Kim ( Don Fernando). Successo per tutti, con un vero trionfo per Antonio Pappano, orchestra e coro.