Imposta la fiducia sulla delega lavoro per portare il cadavere dell’articolo 18 al vertice Ue di Milano, Matteo Renzi comincia la giornata decisiva con il titolo di prima pagina del Corriere della Sera: «Si vota, ma senza l’articolo 18». Colpo che rischia di appannare la passerella europea: il Corrierone è evidentemente favorevole all’abolizione del diritto al reintegro dei lavoratori licenziati ingiustamente e non si accontenta dell’ambiguo testo della delega. Renzi la prende male (dall’editoriale del direttore De Bortoli in poi gli capita spesso) e chiede ai suoi spin doctor di rimediare. Di buon mattino da palazzo Chigi si precisa, con riferimento «ad alcuni articoli di stampa», che «il voto di oggi sulla fiducia riguarda effettivamente l’articolo 18». Bisogna fidarsi della fiducia. Del resto, aggiungono i collaboratori di Renzi, che ci siano in ballo articolo 18 e diritto al reintegro «lo si è spiegato per mesi ovunque, persino nelle sedi di partito», «il presidente del Consiglio ha indicato con chiarezza la direzione».

Pochi sofismi: qualsiasi cosa dica la legge delega, Renzi è stato chiaro nelle interviste in Italia e negli Usa, e «persino» con il Pd. E poi, aggiungono altre fonti di governo, basterà ascoltare il ministro Poletti in aula. Arriva dunque il momento del ministro del lavoro, che è quasi ora di pranzo. Poletti pronuncia effettivamente la parola «articolo 18», ma davanti ai senatori dice che è sbagliato farne il centro del provvedimento: «Ne rappresenta certo una parte significativa ma nelle nostre aspettative non è, come invece potrebbe apparire dalla discussione di queste settimane, una sorta di alfa e omega». Però Poletti aggiunge che per quanto riguarda i «diritti nel rapporto di lavoro» l’obiettivo del governo è quello di «estenderli». E si ferma, perché le proteste del Movimento 5 stelle inducono il presidente Grasso a sospendere la seduta del senato. Resta il dubbio sulla «parte significativa»: c’è o non c’è l’articolo 18 nel testo della delega?

Arriva finalmente, ed è ormai pomeriggio, il testo ufficiale del maxiemendamento del governo. L’articolo 18 non c’è. Al suo posto, al punto 6, si legge che il governo procederà all’«abrogazione di norme connesse con la costituzione e la gestione del rapporto di lavoro». E anche «all’eliminazione e semplificazione, anche mediante norme di carattere interpretativo, delle norme interessate da rilevanti contrasti interpretativi, giurisprudenziali o amministrativi». Un giro di parole che alimenta il sospetto che Renzi abbia intenzione di abrogare l’articolo 18 per tutti i lavoratori, non solo per i neo assunti.

Riprende la seduta al senato ed ecco ancora Poletti: chiede di depositare un testo scritto a conclusione del suo intervento. Non lo legge ai senatori. Che però corrono a leggerlo. E qui l’articolo 18 compare: sarà eliminato «per i licenziamenti economici e sostituito con un indennizzo economico certo crescente con l’anzianità». E poi «sarà prevista la possibilità del reintegro per i licenziamenti discriminatori e per quelli ingiustificati di natura disciplinare particolarmente gravi, previa qualificazione della fattispecie». Ma tutto questo il testo della delega che i senatori votano non lo dice. Si scoprirà nei decreti.

L’articolo 76 della Costituzione dice invece che per la delega servono «principi e criteri direttivi» chiari. La Consulta può dichiarare incostituzionale un decreto delegato per eccesso o per difetto di delega.