Finisce in una poderosa cortina fumogena una lunga giornata di trattative all’interno della maggioranza di Montecitorio, alla vigilia del voto sulle mozioni sull’Italicum, che si svolgerà oggi pomeriggio alle 16 e 30. Il topolino partorito, per dirla con le parole del capogruppo Pd Ettore Rosato, sarà una «conferma dell’impegno di Matteo Renzi alla disponibilità ad un lavoro del Parlamento per modificare l’Italicum».

Ieri Rosato e il vicesegretario Pd Guerini hanno partecipato a una girandola di incontri, abboccamenti, pour parler. Tutto per concordare una mozione di tutta la maggioranza che ribadisce l’ovvio, e cioè che il governo è disponibile a cambiare l’Italicum, pur senza attenuare il giudizio positivo sulla legge (ma allora perché deve essere cambiata?). Su un altro canale i 5 stelle sono impegnati in una fiction parallela: per distrarre l’attenzione dal fatto che voteranno no alla mozione di Sinistra italiana (chiede di cancellare i «palesi vizi di costituzionalità» dell’Italicum), rilanciano il loro «democratellum», un proporzionale molto corretto che così, visto da lontano, fa anche battere qualche cuore a sinistra. «L’Italicum va cancellato tout court in quanto non è una legge migliorabile perché è antidemocratica e incostituzionale», tuonano i deputati grillini, «Non ci piace a prescindere dal fatto che possa farci vincere» perché «a noi sta di più a cuore l’interesse dei cittadini».

Da New York Matteo Renzi, che pure è impegnato con l’assemblea generale dell’Onu, non solo interviene sulle questioni interne ma replica: «Siamo totalmente disponibili a cambiare, per M5s il ballottaggio è antidemocratico, non credo che Appendino e Raggi siano d’accordo, se no non sarebbero state elette». Il premier benedice il lavoro dei suoi sherpa. Scongiurata la solenne stroncatura dell’Italicum da parte della Corte costituzionale, ora voleva dare un segnale di apertura alle forze politiche. Il segnale arriverà con una mozione della maggioranza che promette senza impegno cambiamenti. Eventuali. Dopo il voto referendario, che si incaricherà in un modo o nell’altro di indicare la strada. Il premier che un anno fa ha imposto la fiducia sull’Italicum ora pende dalle labbra del parlamento: «Aspettiamo Berlusconi e Salvini così tutte le posizioni sono in campo e poi faremo le modifiche».
Ieri il Pd in mattinata ha riunito l’ufficio di presidenza e deciso di rimandare la riunione del gruppo prevista per ieri sera. La prima intenzione di non presentare alcun testo sfuma su pressione dei franceschiniani. Quindi Rosato incontra i capigruppo di maggioranza Lupi (Ap), Dellai (Ds-Cd) e Pisicchio (Misto). La condizione per un testo comune è che i centristi scordino, per ora, l’idea di abolire il ballottaggio. In serata la stessa formazione concorda su un testo. «È stata una riunione bellissima», esagera Rosato, «ci unisce la volontà di verificare se c’è la possibilità di modificare l’Italicum e la voglia di coinvolgere le opposizioni». Figuriamoci, il forzista Brunetta lo gela: «La legge elettorale verrà cambiata solo dopo il referendum, solo dopo la vittoria del No, e certamente non sarà Renzi a dare le carte in quella partita». A ieri sera dunque le mozioni erano tre: quella della maggioranza, quella dei 5 stelle e naturalmente quella di Sinistra italiana, la prima ad aver smosso le acque.

Stamattina i capigruppo della maggioranza si rivedono alle 7. Alle 15, un’ora prima del voto, è convocata l’assemblea del Pd. Si prevedono scintille. Ma la giornata che poteva essere una Waterloo per Renzi sarà presentata come un suo successo politico.

Impossibile, spiega Arturo Scotto, capogruppo di Si: «Grazie alla nostra iniziativa ora è chiaro: Renzi ha cambiato idea sulla legge elettorale e ora vengono alla luce tutte le contraddizioni della maggioranza». Per la verità non solo della maggioranza.

A masticare amaro sono le sinistre Pd. Ignorate ruvidamente dai renziani («Ci rivolgiamo alle minoranze in parlamento, non a quelle del Pd») aspettano di leggere il testo. «Valuteremo», spiega in serata Roberto Speranza, «ma confermiamo la nostra proposta di Mattarellum 2.0». Finirà che i bersaniani non voteranno la mozione del partito e né quella di Si. Delusi anche i cuperliani che pure sarebbero stata disponibile a un’iniziativa unitaria a patto però di un impegno vero per la modifica dell’Italicum.

Alla fine tutto resta come prima. O quasi. L’Italicum non si tocca fino al prossimo anno. La minoranza resta convinta del No al referendum, con poche eccezioni e ancora qualche reticenza. Ma il fronte del Sì da stasera può sventolare nei comizi un generico impegno del governo a modificare la legge. Finiti i tempi della fiducia arrivano quelli della fede.