Dopo lo scontro arriva sempre il premier Giuseppe Conte. Giovedì il suo vice Matteo Salvini aveva fatto sussultare tutti i 5S dichiarando in prefettura a Napoli: «In Campania ci vuole un inceneritore per ogni provincia». Provocando la replica dell’altro vice, Luigi Di Maio: «Termovalorizzatori una ceppa». Ieri Conte ha offerto la sua solita mediazione: lunedì a Caserta ci sarà il Consiglio dei ministri per firmare il protocollo sulla Terra dei fuochi e «lì affronteremo il problema in modo organico».

In attesa della sintesi, lo scontro è andato avanti anche ieri. A Napoli il presidente della Camera Roberto Fico, dopo aver difeso il sindaco Luigi de Magistris e i centri sociali dagli attacchi di Salvini, ha incalzato il leader leghista: «È stato uno schiaffo forte a questa città e a questa regione dopo le lotte che sono state fatte e dopo l’avanzamento delle nuove tecnologie. Non si farà neanche un inceneritore ma abbiamo bisogno di impianti di compostaggio, di trattamento meccanico manuale, di differenziata porta a porta, riciclo, riutilizzo e riduzione dei rifiuti. Se dopo tanti anni lo dobbiamo ridire, lo diciamo ancora più forte e siamo pronti a lottare».

Salvini però ieri ha insistito, utilizzando ancora la salute dei campani come paravento per gli affari del comparto: «Gli inceneritori sono fondamentali: tutti dicono “da me no” ma li faremo e senza “ceppa”. Ho passato una giornata a Napoli, erano tutti molto preoccupati per la salute. Perché in Lombardia ci sono tredici impianti e in Campania uno?» Per poi attaccare ancora gli enti locali: «Con la differenziata sei indietro di quasi 20 punti e così poi ci sono i roghi tossici e le discariche. Nel 2016 la Campania ha esportato 300 mila tonnellate di rifiuti con una spesa per decine di milioni di euro. Da anni non ci sono interventi. Chi dice sempre e solo dei no provoca roghi tossici e malattie». Quindi il finale, di sicuro effetto: «Non c’è nel contratto di governo? Vallo a spiegare ai bambini che fra due mesi respirano merda».

Di Maio ha tenuto la posizione invocando però la mozione degli affetti: «A me dispiace che Salvini abbia deciso di lanciarsi in questa polemica creando tensioni nel governo. Nessuna delle due forze ha insistito per mettere gli inceneritori nel contratto, anzi Salvini è stato dietro gli striscioni ‘no inceneritori’ in molte parti d’Italia. Abbiamo già abbastanza nemici per crearci tensioni tra di noi». Per poi affondare il colpo: «In Lombardia ci sono 13 termovalorizzatori? E com’è l’aria in pianura Padana? Il mio modello è Treviso, dove c’è solo raccolta differenziata e non ci sono inceneritori. Giovedì sera eravamo insieme con Salvini, con il presidente Conte, al vertice sul dl fiscale e si rideva e si scherzava, poi è iniziato di nuovo questo dibattito venerdì mattina».

Addirittura è intervenuto anche Alessandro Di Battista dal Nicaragua: «Salvini non sa di cosa sta parlando».
Il governo, sponda 5S, ha provato ad arginare l’offensiva dell’alleato opponendo un netto rifiuto con le ministre Barbara Lezzi e Giulia Grillo, accanto al Guardasigilli Alfonso Bonafede. Ma l’attacco leghista ha esposto soprattutto il titolare all’Ambiente, Sergio Costa, che ieri era a Napoli. In mattinata la sottosegretaria del Carroccio, Vannia Gava, aveva diffuso un articolo del 2012 di Costa, allora generale della Forestale, in cui avrebbe approvato la costruzione del termovalorizzatore di Acerra. Il ministro si è difeso via social: «Sta girando una mia analisi per delegittimare quello che stiamo facendo. In quel testo ho semplicemente preso atto dei fatti, i termovalorizzatori erano previsti. Nel piano rifiuti della Campania del 2016 non ci sono. Sono contrario agli inceneritori. Stiamo lavorando con norme e decreti per convertire il Paese a uneconomia green e circolare. Non abbiamo bisogno di cattedrali del fuoco».

E sul tema emergenza, evocato da Salvini, Costa fa chiarezza: «C’è uno stato di sofferenza dovuto ai roghi tossici, una questione diversa dalla crisi rifiuti che non c’è. La Campania ha il 52% di differenziata con un trend in crescita. È nella media nazionale, la più alta al Sud. Se si rinuncia alla differenziata si perde l’approvvigionamento a basso costo delle materie prime».