La Fiat se la prende anche con la Chiesa. Devono essere veramente esterrefatti dalle parti del Lingotto: decenni di signorsì ai voleri dell’azienda e adesso prima le procure, poi la Corte costituzionale e la presidente della Camera, infine il vescovo di Nola fanno infuriare i vertici torinesi. Ma cos’ha fatto monsignor Beniamino Depalma? Lo scorso venerdì ha organizzato un incontro in vescovado con i parlamentari Massimiliano Manfredi (Pd) e Paolo Russo (Pdl), l’ex presidente dell’unione degli industriali di Napoli e patron della Adler, Paolo Scudieri, e poi sindacalisti, dirigenti regionali, sindaci del territorio, 88 ex operai con contratto a termine o di apprendistato scaduto nel 2009 o 2010. Invitata anche la Fiat, ma il direttore dello stabilimento Giambattista Vico di Pomigliano d’Arco, Giuseppe Figliuolo, ha rifiutato con una lettera privata, fatta però filtrare alla stampa.

Una lettera molto poco garbata con cui rinfaccia al prelato di essersi presentato ai cancelli del Vico, tra i manifestanti, la mattina del primo dei due sabati di recupero comandati dall’azienda: «Non abbiamo alcun dubbio – scrive Figliuolo – circa il fatto che la sua scelta di essere dalla parte dei violenti e prevaricatori è stata involontaria e causata dalle mistificazioni veicolate da alcuni organi di informazione che hanno volutamente travisato la realtà».

Quello che la Fiat comanda non può essere discusso. Ieri l’amministratore delegato Sergio Marchionne si è lamentato con l’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia: «Lo stanno esponendo a una situazione difficile», ha sussurrato al prelato prima dell’assemblea dell’Unione Industriale di Torino. «Mi dispiace», la pilatesca risposta. Monsignor Depalma ha preso carta e penna e ha replicato a mezzo stampa: «No, dottor Figliuolo, io non sto dalla parte dei violenti, né volontariamente né, come dice lei, “involontariamente”. Bisogna provare in ogni circostanza, anche la più burrascosa, a mettere le persone intorno allo stesso tavolo. Un vescovo, un pastore, non è un dirigente di un’azienda: quando vede e sente uomini gridare, ha l’obbligo morale di andare a vedere e sentire con i suoi occhi e con le sue orecchie».

Depalma andrà a visitare il Vico, accettando l’invito del direttore, a cui però ricorda: «Credo che oggi, in questo tempo così difficile, i complici dei violenti siano tutti coloro che stanno rinchiusi nei loro fortini sperando che la burrasca passi senza bagnarli. Opera davvero violenza chi nega la speranza negando prospettive di futuro alle persone e alle famiglie. La Chiesa ha una sola preoccupazione: che le famiglie non perdano il salario. E proprio perché conosco la complessità dei problemi, ho spesso incoraggiato le organizzazioni dei lavoratori a dare credito e fiducia ai piani dell’azienda».
Il cattolico segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, è corso in soccorso del Lingotto invitando il vescovo di Nola a «usare la virtù del discernimento». Evidentemente nessuno deve ostacolare il manovratore soprattutto quando, domenica prossima, scadrà la cassa integrazione dei 316 lavoratori del Wcl-World Class Logistic, il polo Fiat mai partito all’interno dell’interporto di Nola, a bagnomaria dal 2008.

Si tratta degli operai di quello che tutti conoscono come il reparto confino: il Lingotto ci spedì i dipendenti con ridotte capacità lavorative e quelli più conflittuali, sulla carta per creare il polo della logistica, sul modello Toyota, per tutti gli stabilimenti del centro-sud (Cassino, Melfi, Val di Sandro, Pomigliano…). Nei fatti nessun lavoratore della logistica è stato trasferito a Nola e ogni fabbrica ha tenuto il proprio reparto. Con il passaggio dal contratto Fabbrica Italia Pomigliano a quello Fiat Group Automobiles, metà dei dipendenti del Vico hanno avuto un altro anno di cig, quelli della ex Ergom hanno contrattato un ulteriore anno di cig per ristrutturazione. Probabilmente succederà lo stesso per Nola (domani dovrebbe esserci un incontro in Regione), lo spettro è quello della mobilità, anticamera del licenziamento. È evidente che per i lavoratori dell’indotto, e soprattutto del Wcl, non c’è nessun piano Fiat sul tavolo, solo un tirare a campare in attesa della dismissione.