Doveva essere il giorno della «grande pace», o meglio – senza voler troppo semplificare una situazione che invece resta pesante – il d-day dell’incontro tra Sergio Marchionne e Maurizio Landini, dopo mesi (potremmo dire anche anni) di scontri. E invece, evidentemente per la Fiat il momento clou non è arrivato: alla vigilia del faccia a faccia l’ad dei due mondi è volato a Detroit, per regolare le questioni Chrysler, e oggi il segretario generale Fiom se la dovrà vedere con il responsabile delle relazioni industriali del Lingotto.

«L’assenza di Marchionne non è un atto di buon gusto», ha detto fuori dai denti la segretaria della Cgil Susanna Camusso, mentre ieri Landini ha voluto osservare un rigoroso silenzio, preferendo non offrire ai giornali tutte le questioni che invece è intenzionato a porre sul tavolo che lo vedrà seduto di fronte a Pietro De Biasi (il numero due di Marchionne, delegato appunto ai rapporti con il sindacato).

Al primo posto, certamente, c’è il pieno recupero di riconoscimento e legittimità da parte della Fiom dopo la recente sentenza della Consulta, che ha ritenuto incostituzionale quella parte dell’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori che escludeva dalla rappresentanza sindacale le organizzazioni non firmatarie del contratto. Sentenza rafforzata da un altro pronunciamento, questa volta della Cassazione, e di due soli giorni fa, con il quale sono stati reintegrati definitivamente i tre operai licenziati a Melfi nel 2010: diventati un caso politico, con uno dei tre – Giovanni Barozzino – oggi parlamentare Sel.

Quindi la Fiom ha solo da chiedere, e la Fiat (teoricamente) tutto da dare. Ma non basta: ugualmente, e forse ancor di più delle questioni di diritto, contano le prospettive di lavoro nel gruppo. Sotto la minaccia continua di Marchionne di portare produzioni all’estero, con l’indotto sempre più inguaiato, che investimenti pensa di fare la Fiat in futuro sul nostro Paese? Difficile, ovviamente, che almeno su questo punto Di Biasi possa fornire cifre dettagliate, quando già Marchionne di solito è restio.

Detto questo, sia la Fiom che la Fiat puntano ad avere dal governo (e dal Parlamento) una legge sulla rappresentanza sindacale. E la richiesta di Landini di un tavolo per il settore a Palazzo Chigi, seppure possa infastidire la Fiat, abituata a muoversi senza troppi lacci e laccioli, dall’altro lato potrebbe invece piacere all’azienda, se mai il governo Letta si impegnasse in una qualche politica industriale (va ricordato che Marchionne, qualche giorno fa, ha affermato che «è impossibile fare industria in Italia»).

In Parlamento, qualche giorno fa, alla Commissione Lavoro della Camera, è iniziata la discussione delle quattro proposte di legge sulla rappresentanza: una è del presidente della Commissione, Cesare Damiano (Pd). Un’altra è di Renata Polverini (Pdl); la terza è di iniziativa popolare. La quarta porta la firma del senatore di Sel Giorgio Airaudo, già segretario della Fiom di Torino e poi nazionale. «La nostra proposta è stata descritta come quella più completa dalla relatrice – spiega Airaudo – Prevede il referendum, il voto certificato sugli accordi, il coordinamento sindacale nei grandi gruppi. Insomma richiama molto della proposta Fiom».

Tornando all’incontro di oggi, la Fiat incontrerà prima, separatamente, Fim e Uilm, che già hanno il dente avvelenato contro la Fiom. Luigi Angeletti, segretario della Uil, ha chiarito che «ci siederemo al tavolo con la Fiom solo se firmerà i contratti: altrimenti mai, neanche se ci convoca l’Onu». «Ma il film è già scritto – riprende – La Fiom tiene solo all’immagine, quindi non firmerà nulla e dirà solo no alla Fiat». Stessi concetti li esprimono anche Fim Cisl e Fismic.

Infine una bella notizia per la Irisbus di Avellino, anch’essa gruppo Fiat. È saltato per ora il progetto «lambrette» con cui si voleva riconvertire la fabbrica degli autobus, ma in compenso è stato concesso un anno di cassa agli operai e il governo ha annunciato un tavolo per settembre, dove si punta a stilare un accordo di programma con finanziamenti statali e regionali.