Nel “Giardino della memoria” messo in piedi sui terreni confiscati al clan Moccia a Maiano di Sessa Aurunca, nel casertano proprio al di qua del confine con il Lazio, i soci lavoratori della cooperativa Al di là dei sogni hanno intitolato ogni albero a una vittima innocente delle mafie. Il percorso comincia con don Peppe Diana e non potrebbe essere altrimenti: il parroco di Casal di Principe fu freddato il 19 marzo del 1994 per non aver voluto celebrare le esequie di un camorrista trucidato in un agguato e tutte le terre sottratte ai Casalesi da allora vengono recuperate in suo nome. Il bene confiscato, 17 ettari di terreno e alcuni edifici in cui si preparano sottoli e marmellate destinati alla filiera della Nuova cooperazione organizzata, il cui acronimo Nco fa il verso alla Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo “’o professore”, è stato dedicato ad Alberto Varone, un distributore di giornali ucciso all’alba del 24 luglio del 1991 mentre faceva il giro delle edicole per consegnare i quotidiani. All’interno vi risiedono e lavorano, nella coltivazione dei campi e nella trasformazione dei prodotti, 21 persone provenienti dall’ex Opg di Aversa, tra i quali due pluriomicidi, un giovane vittima di abusi sessuali, quattro ex tossicodipendenti e un ex alcolista, perfettamente reinseriti grazie all’aiuto di assistenti sociali, educatori e mediatori familiari, psicologi e psichiatri inviati dall’Asl.

Ieri mattina, andando nei campi, i lavoratori hanno trovato una brutta sorpresa: una macchia nera di bruciato al posto degli alberi di noce appena piantati. In tutto, sono andati in fumo quattro ettari di terreno. Le fiamme hanno distrutto pure un pezzo del “Giardino della memoria”. «Se quattro ettari di terreno sono rasi al suolo, senza che le fiamme coinvolgano i terreni vicini a meno di 20 metri, non può essere solo un caso», scrivono in una ota congiunta il comitato intitolato a don Peppe Diana, il Forum nazionale dell’agricoltura sociale, la Nco e l’associazione Libera. È stata un’azione scientifica: i piromani hanno appiccato le fiamme in diversi punti per essere sicuri che il campo appena riforestato bruciasse per intero senza che le fiamme toccassero i terreni vicini.
Non è la prima intimidazione che la coop Al di là dei sogni riceve, al pari di altri beni confiscati e attività anticamorra nel casertano. Gli attacchi erano cominciati già alla consegna delle chiavi da parte del comune, alla fine di dicembre del 2008.

La masseria era stata ristrutturata con fondi europei (un milione e ventimila euro), ma all’ingresso gli assegnatari si erano accorti che i bagni non avevano le finestre e che le porte sbattevano contro i water, «perfino gli infissi erano senza le tapparelle». Loro denunciarono tutto e, in risposta, «sedici giorni dopo ci sono stati atti vandalici nei terreni», racconta il presidente della cooperativa Simmaco Perillo. L’ultimo attentato si era registrato il 16 gennaio scorso. Alla vigilia dell’arrivo di un gruppo di ragazzi per un periodo di pratica nell’azienda agricola, i soliti ignoti avevano distrutto l’impianto idraulico, sfondato porte e finestre, tranciato cavi dell’elettricità e buttato giù due pareti. In risposta, i soci della cooperativa hanno presidiato il bene confiscato giorno e notte per quattro mesi, rimettendo tutto a posto e riprendendo a lavorare.

Anche stavolta non hanno alcuna intenzione di demordere, forti della rete di sostegno messa in piedi negli anni: dal consorzio Nco al Forum dell’agricoltura sociale, che raggruppa trecento aziende e cooperative del casertano, alla Rete di economia sociale, un progetto che ha l’obiettivo di creare filiere economiche alternative su beni confiscati alle mafie e che ha 32 partner e 14 attività lavorative in sette comuni del casertano ad alta densità camorristica. «Non indietreggeremo di un solo passo», dicono. Per ora, preparano una manifestazione nazionale, il 23 luglio, nell’ambito del Festival dell’impegno civile.