Terzo dei fratelli Grimm – cognome che in tedesco significa in realtà anche qualcosa come «furore» ma che per il resto del mondo è garanzia di focolare e tradizione – Ferdinand, molto meno noto e spesso in contrasto con gli altri due, Jacob e Wilhelm, era un po’ perdigiorno e un po’ pecora nera della famiglia, ma raccolse a nostro vantaggio alcune fiabe, che ora Marco Federici Solari traduce per la prima volta e introduce, sotto il titolo La montagna dei gatti (L’orma, pp. 144, € 18,00). La fortuna delle operazioni letterarie di questo autore, morto nel 1845 in povertà, fu così scarsa da costringerlo a pubblicare quasi sempre sotto pseudonimo, mentre (siamo intorno al 1820) i due fratelli maggiori avevano già raggiunto una notevole celebrità. Prediligeva, come Federici Solari fa notare, aspetti più marcatamente meravigliosi e fantastici rispetto a quelli delle storie narrate dai fratelli, e di almeno due fiabe da loro raccontate egli dà qui versioni diverse.

Se le Fiabe dei Fratelli Grimm sono divenute una sorta di patrimonio dell’umanità, lo si deve all’attenzione con la quale la riflessione critica ha saputo cogliere, all’interno di  quel patrimonio popolare, significati eccezionali. Per quanto riguarda, poi, le valenze psicologico-psicanalitiche del racconto popolare-fiabesco, l’operazione di raccolta, catalogazione e stesura del patrimonio orale dei racconti di fiabe compiuta dai Fratelli Grimm è ormai parte conclamata del percorso romantico ottocentesco. L’atteggiamento «antifrancese», che dal 1760 circa prende gradualmente piede in Germania, è un esito della rivalutazione, prima tutta stürmeriana e poi effettivamente romantica, dell’aspetto «naturale-spontaneo» della produzione artistica, e la tradizione orale racchiusa nei racconti popolari, libera per natura da costrizioni canonico-classiciste, «francesi» appunto, ne è un saggio esemplare. Il nucleo della favola, indirizzato alla crescita individuale del bambino che ascolta, si identifica e partecipa essendo ancora suscettibile di trasformare la propria personalità, prima di diventare oggetto di una  valutazione psicoanalitica era, agli occhi dei Grimm, un ancora impersonale discorso della natura nel suo spontaneo rivolgersi all’essere umano, non diversamente da come ci si sarebbe rivolti a una pianta o a una bestia. Se i Grimm vedevano potentemente attiva, nell’oralità della poesia popolare (Volkspoesie, o Naturpoesie), una presenza che la differenziava dalla Kunstpoesie, la poesia artificiale di derivazione «francese», la predilezione del terzo fratello per gli elementi leggendari-fantastici confluisce nell’alveo della Sage, della leggenda, che è per tutti i romantici tedeschi il nucleo originario della parola, e della fiaba in quanto sua variazione.