Dopo l’edizione dedicata al ventennale, il Festivaletteratura di Mantova torna a mostrarsi nella consueta e sontuosa veste che lo rende uno degli eventi più attesi dell’anno. Da oggi fino a domenica le piazze, le strade e i magnifici edifici messi a dispozione per l’occasione, animeranno il centro di una città indimenticabile, per accoglienza e bellezza, da stamane illuminata anche dal buon auspicio della luna piena.
Al netto della moltiplicazione di festival, fiere e saloni, l’appuntamento mantovano mantiene una connotazione precisa, di grande esercizio di libertà nelle scelte che, pure nella ventunesima edizione, assume il tratto di un dialogo costante con il presente e la sua rappresentazione.

I PUNTI su cui il comitato organizzatore ha riflettuto sono molti e si dipanano tra ospiti internazionali e locali – tra libri, musica, reading, danze, presentazioni.
Alcune sono certamente tra le conversazioni più attese: Fethi Benslama e Rosella Prezzo si confronteranno intorno al nodo della radicalizzazione giovanile – e delle possibili implicazioni psicopatologiche – e alcuni processi simbolici in trasformazione come il velo.

E sempre in apertura è la volta della «principessa della letteratura», Chimamanda Ngozie Adichie che dal successo di romanzi come Metà di un sole giallo e Americanah arriva per la prima volta in Italia e dialoga con Michela Murgia. L’inaugurazione fornisce tuttavia nomi e temi tra i più vari: Lea Vergine con Luciana Castellina dialogheranno di arte e politica. Domani la poeta curda Choman Hardi discuterà invece la sua silloge La crudeltà ci colse di sorpresa insieme a Paola Splendore.

Venerdì ci sarà l’incontro con George Saunders a proposito del suo Lincoln nel Bardo e infine Ayelet Gundar-Goshen, promessa della letteratura israeliana. Sabato sarà la volta di un autore tanto affascinante quanto importante per la letteratura in lingua portoghese, José Eduardo Agualusa che con Romana Petri racconterà il suo romanzo Teoria generale dell’oblio. Nella stessa giornata, un altro autore, questa volta basco ma residente in Germania da anni, Fernando Aramburu, approderà a Mantova per parlare del suo Patria.

Madeleine Thien, nata in Canada da genitori di origine cino-malese, presenterà il suo Non dite che non abbiamo niente.
Infine, una domenica in grande stile con una stella della letteratura indonesiana, Eka Kurniawan di cui è stato appena tradotto l’ultimo romanzo, La bellezza è una ferita.

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Processi che hanno trafitto la storia

Sono quattro gli appuntamenti che Festivaletteratura dedicherà alle carte giudiziarie di famosi processi di donne «irregolari» e che si svolgeranno presso la sede del Tribunale
di Via Carlo Poma. Alcune di loro hanno esercitato un’autorità femminile che ne ha fatto diffondere le parole; basterebbe leggere «La signora del gioco» di Luisa Muraro per conoscerne numerose. In questo focus mantovano a emergere sono i profili di Giovanna Monduro (condannata per stregoneria nel 1470) e giustiziata l’anno seguente. Simile è la vicenda di Bellezza Orsini, processata nel 1528 e suicidatasi in carcere (di entrambe si parlerà venerdì alle 16.15). Altra declinazione è rappresentata dalle biografie di Lidia Cirillo e Matilde Randazzo, prima una e poi l’altra uccidono chi ha abusato di loro (l’incontro sarà sabato alle 10.30). La fama sconfinata precede il nome di Beatrice Cenci, a cui sarà dedicato il terzo incontro (sempre sabato ma alle 15). Con la storia di Isabella della Frattina, nobildonna processata per eresia tra 1568 e 1570, si conclude il focus (domenica alle 15).

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Buenos Aires e l’arte del tango argentino

Questa sera alla Tenda Sordello di Mantova, alle 22, si parlerà di tango e letteratura, con Antonio Lalli e Claudia Silletti, entrambi maestri. È una intuizione formidabile che si aggancia alla scelta del Festival di dedicare la tenda dei libri di quest’anno a Buenos Aires. Che il ballo, e il tango in particolare, sia uno dei luoghi simbolici e relazionali più sensuali, appassionati e irriducibili nella sua forma di socialità diffusa e popolare, è una questione aperta e affascinante da reinterrogare ancora. Casas malas, sangue e coltelli rievocano il tango delle origini e l’alone di leggenda ardente che lo ammanta. Eppure forse aveva ragione Borges quando lo definiva «un pensiero triste che balla», anche se dalla sua pratica (spesso con picchi di esaltazione e fanatismo) nel mondo intero o tutti amano celebrare unicamente la propria struggente malinconia o nel tango, nella sua musica e nella sua danza, accade che vi sia una intensità trasformativa difficile da definire; che dà la misura di un feroce, intimo e sanguinante dispendio di sé nella sporgenza di due corpi che si toccano. E che a Buenos Aires o dall’altro capo del mondo ballano, camminando insieme in un abbraccio.