La chiusura del Summer Festival 2015 alla Casa del Jazz non poteva essere più sanamente eversiva. Dimensione elettrica, ritmiche hard, postmodernismo e straniamento abbondano nel trio Ceramic Dog, guidato dal chitarrista Marc Ribot (originale discepolo-collaboratore di John Zorn) con due musicisti rappresentativi della scena rock-underground-improvvisativa tra New York e California: Shazad Ismaily (basso, chitarra, elettronica) e Ches Smith (batteria). Non cercate jazz «consolatorio»: i brani graffiano e fanno male eppure Ribot e compagni sanno cosa fanno e quando vivono. Tra i pezzii eseguiti – con qualche problema tecnico ed una formidabile grinta davanti ad un pubblico partecipe – Master of Internet che sintetizza la dimensione incantatoria della rete (con Ribot cantante) e Take Five in cui si destruttura l’originale di Dave Brubeck.

 
Tra gli appuntamenti più riusciti della rassegna quello del 3 luglio, ovvero la serata «Enrico Intra ‘Ottanta’» organizzata nel giorno del compleanno del pianista, compositore, band-leader e didatta milanese, tra i maggiori musicisti europei per creatività più che per la lunghezza della carriera.

 
Il protagonista dell’affollato recital sul palco e nel prato antistante è stato al contempo festeggiato e «guastatore». Nonostante gli sforzi del critico Vincenzo Martorella e di Anita Pusceddu della casa discografica nel raccontare i molti aspetti dell’attività musicale e culturale di Intra (dal club Derby ai Civici Corsi di Jazz, dalla canzone d’autore a Luciano Berio), il pianista è sempre sfuggito ai cliché, generando un clima di tensione positiva, di spiazzamento creativo che sono alla base della sua musica. La si ritrova negli album prodotti dalla Alfa Music negli ultimi anni, da Piani diversi a Le stanze di Berio e Bluestop.

 
Sul palco si sono alternati gruppi di varie dimensioni e musiche di periodi storici differenti, intrecciati alla vicenda musicale di Enrico Intra che è stato al centro dell’attenzione in modo antiretorico e partecipativo, pronto al dialogo sonoro con tutti, dai jazzisti suoi coetanei fino ai giovanissimi della Saint Louis Jazz it Up (Simone Colasante, Vincenzo Totta, Marco Bruno, Shanti Colasanti, spesso integrati da Carlo e Pietro Gioia). In Esempio 18 a questa formazione si sono aggiunti Rosario Giuliani e Claudio Corvini, mettendo in luce la scrittura di Intra ricca di riferimenti alla musica contemporanea europea.

 

 

Stessa tensione, insieme a un lavoro soprattutto ritmico-timbrico, in Per Iachi in cui il Maestro ha dialogato con Giovanni Tommaso e Roberto Pistolesi (al posto di Roberto Gatto; il trio ha prodotto un eccellente cd). Tanti gli episodi della serata: Bye Bye Blue con Lino Patruno, Giorgio Rosciglione e Gegè Munari ad evocare i tempi del cabaret; il solo trombone ellingtoniano Take the A Intra del coetaneo Marcello Rosa; il trio con Paolo Damiani ed Israel Varela nell’enigmatico Scherzo; un effervescente quartetto con Bruno Biriaco; un Autumn Leaves eseguito da un sestetto con un magistrale Maurizio Giammarco, Giuliani e Roberto Tarenzi «doppio» pianista; un Senza fine con Pusceddu alla voce ed Intra al piano dento e fuori la canzone. Ricordi ma niente nostalgia, tanta libertà musicale ed un positivo senso del presente e del futuro.