La fotografia, questa volta, non mostra il viso di un giovane steso sul tavolo dell’obitorio, ma è quella di un bel ragazzo con i capelli scuri, giovane e pieno di vita come doveva essere Federico prima di incontrare i poliziotti che lo hanno ucciso. Patrizia Moretti, la mamma di Federico, la tiene ben alta in una piazza Savonarola piena di persone venute per essere vicine a lei e a Lino, suo marito. Gente di Ferrara, ma arrivata anche da città vicine. «Sono meravigliata e allibita, è molto bello. Questa solidarietà è grandiosa, è enorme», dice Patrizia guardando la piazza affollata.
Ferrara non avrebbe potuto rispondere in maniera migliore alla provocazione del Coisp, il sindacato autonomo di polizia che mercoledì ha organizzato un sit in di solidarietà con i quattro agenti condannati in maniera definitiva per la morte di Federico Aldrovandi. Tre anni e sei mesi di reclusione, tre dei quali indultati, e gli ultimi sei da scontare in prigione. Una decisione, quest’ultima, ritenuta ingiusta dal Coisp che per questo tre giorni fa ha inscenato una manifestazione sotto le finestra del Comune, dove lavora Patrizia.
Sulla cancellata del Castello, proprio dove il sindacato ha tenuto il suo sit in, adesso l’associazione Amici di Federico Aldrovandi ha appeso uno striscione blu con la scritta «Stop the Coisp». A Ferrara in queste ore c’è anche l’ispettore inviato dal ministro degli Interni Anna Maria Cancellieri per accertare eventuali responsabilità per quanto è accaduto. L’attenzione, in particolare, è su chi ha autorizzato la manifestazione del sindacato proprio sotto il comune e perché, visto che la richiesta di autorizzazione era arrivata in Questura una settimana prima, non ha fatto nulla almeno per spostare l’iniziativa in un altro punto della città.

Un’ispezione dalla quale adesso Patrizia si aspetta anche qualcosa in più. Ad esempio perché da anni la sua famiglia è costretta periodicamente a sopportare le offese di qualche poliziotto: «Spero si capisca come mai questo dolore ha continuato a pioverci addosso da sette anni e in questo ultimo mese», spiega la donna che mercoledì ha contrastato gli iscritti al sindacato mostrando loro l’immagine di Federico morto.

«Il loro modo di approfittare del nostro dolore è il culmine della disumanità – dice Patrizia – ma in questo modo hanno reso palesi a tutti quanto sia difficile per le famiglie lottare per avere giustizia quando dall’altra parte ci sono le forze dell’ordine».
Fumogeni, striscioni, cori da stadio. «La nostra memoria, la vostra condanna, Aldro vive», dice quello issato da tre giovani sul muretto della piazza. Come a dire che la città non dimenticherà quello che è stato fatto a Federico.
Tra qualche settimana i quattro agenti condannati per la morte di Federico torneranno liberi. Un pensiero che non abbandona Lino Aldrovandi che al ministro Cancellieri rivolge una richiesta ben precisa: tornino pure liberi, «però quella divisa va tolta», dice il papà di Federico. «Il ministro Cancellieri ha detto che non rappresentano la polizia, mi auguro che lo dimostri – prosegue Lino Aldrovandi -. Ai poliziotti tendo la mano, non agli assassini che disonorano quella divisa».
Intanto proseguono gli attestati di solidarietà con i genitori di Federico. Dieci parlamentari del Pd hanno chiesto a Cancellieri di prendere provvedimenti disciplinari nei confronti degli aderenti al Coisp. «C’è un brutto virus che si aggira per il paese», ha detto invece il portavoce di Articolo 21 Giuseppe Giulietti.

«Mi riferisco a questa idea che possa manifestare contro i tribunali, contro i giudici e ora addirittura contro una famiglia che ha subito l’oltraggio massimo, la morte di un figlio». E ieri ha preso di nuovo la parola anche il segretario del Coisp Franco Maccari che con una lettera ha invitato la titolare del Viminale «a non cadere nel tranello». Il sit in, ha detto, non «era contro qualcuno né tantomeno contro la sentenza». Peccato che nessuno se ne sia accorto.