«Un allegrone». Certo, Amedeo Mancini si divertiva a «tirare le noccioline ai negri», come ha raccontato alla Stampa suo fratello Simone, «ma lo faceva per scherzare». E il fatto che il 38enne imprenditore agricolo che martedì a Fermo ha ammazzato di botte il nigeriano Emmanuel Chidi Namdi indossasse una maglietta degli Zetazeroalfa (il cui cantante è Gianluca Iannone, già presidente di Casapound) è un caso. Spiega il suo avvocato Francesco De Minicis: «Non sa nemmeno che tipo di musica fa quel gruppo, si tratta di un regalo».

Da queste parti (e non solo) si fa una fatica bestiale a usare parole come «fascismo» e «razzismo», anche quando un nigeriano viene ucciso da una persona vicina agli ambienti dell’estrema destra. La morte di Emmanuel viene bollata ora come rissa finita malissimo, ora come tragica fatalità e ora, addirittura, come atto di legittima difesa. Già perché il cartello stradale usato come clava durante l’aggressione non si sa chi lo abbia afferrato per primo: forse lo stesso Emmanuel, che stava reagendo all’insulto rivolto a sua moglie Chimary («Scimmia», le ha ululato dietro Mancini), forse no. Sicuramente lo scontro tra i due è stato duro, tanto che anche l’aggressore avrebbe ematomi ed ecchimosi sulle braccia e sul costato.

I particolari della vicenda risulteranno più chiari quando usciranno gli esiti dell’autopsia fatta nel pomeriggio di ieri. La tesi degli investigatori è che la causa della morte sarebbe da ricercare in un pugno, ma sul corpo di Emmanuel ci sarebbero anche altri segni della dura colluttazione.

Mancini, fermato nella giornata di giovedì, ha risposto alle domande degli inquirenti confermando la versione che aveva già sostenuto: aveva visto la coppia aggirarsi tra le macchine, pensava che volessero rubarne una e per questo ha dato della «scimmia» alla donna. A quel punto Emmanuel lo avrebbe aggredito e lui si sarebbe difeso colpendolo una sola volta e uccidendolo. L’accusa formulata dalla procura di Fermo è di omicidio preterintenzionale con l’aggravante di istigazione all’odio razziale.

Fermo, intanto, prova a scuotersi dal suo tradizionale torpore e dopo i primi tentennamenti sta cominciando ad assumere una posizione chiara sull’accaduto. Il sindaco Paolo Calcinaro ha annunciato per martedì prossimo una giornata di lutto cittadino, nello stesso giorno in piazza del Popolo è stata convocata una manifestazione da Cgil, Cisl e Uil. Oggi pomeriggio, invece, ci sarà il corteo organizzato dai centri sociali. Per il funerale di Emmanuel – la cui data è ancora da fissare – ci sono due ipotesi: il Duomo o la chiesa di San Marco alle Paludi, dove lo scorso gennaio il 36enne si era sposato con Chimiary, in una cerimonia organizzata da don Vinicio Albanesi: una promessa d’amore visto che l’atto formale era impossibile data l’assenza di documenti. La donna, comunque, ha espresso il desiderio di riportare il corpo del suo compagno in Nigeria, un giorno si spera non troppo lontano. Ci sarà da lottare contro la burocrazia, ma la Fondazione Caritas in Veritate che la sta accudendo in questi giorni, sicuramente darà una mano per cercare di realizzare questo suo desiderio.

L’atmosfera, per il resto, è sospesa tra l’incredulità un po’ farlocca di un posto che vorrebbe definirsi oasi felice, il cordoglio istituzionale che ci ha messo qualche giorno per diventare coro unanime e il negazionismo puro. Oltre alle parole del fratello e alla difesa dell’avvocato, non sono affatto pochi quelli che pretendono di togliere ogni tipo di riferimento al fascismo e al razzismo da questa storia. Il grande rimosso contro il grande rimorso: ammettere che anche nella placida e tutto sommato benestante provincia marchigiana siano presenti i semi dell’odio viene vista come una mezza sconfitta da chi vive scansando ogni problema sociale e negando ogni conflitto.

E allora si minimizza tutto, si riducono i fatti a mera contingenza, si fa dell’autentico revisionismo, laddove lo stesso sindaco Calcinaro – avvocato, aveva anche difeso Mancini ai tempi del Daspo allo stadio – arriva a dire che l’aggressore in passato «si definiva addirittura comunista, sempre con atteggiamento prevaricatore». Un ragazzo ormai uomo, in pratica, fomentato da un clima terrificante che da anni si fa strada a reti unificate e che vede nell’uomo nero un terrorista, un invasore o, nella migliore delle ipotesi, qualcuno che toglierà lavoro e succhierà welfare.

Una specie di «Fermo History X» per citare un film di qualche anno fa con Edward Norton, perché ogni storia ha il suo finale e ogni fatto è diverso da tutti gli altri, ma, soprattutto in questo momento, l’odio ha un indirizzo ben preciso.