Non abbiamo atteso il golpe del 15 luglio, mancato o finto che sia, per dubitare della qualità della democrazia nella Turchia di Erdogan. Ma gli eventi seguiti al colpo di Stato, negli ultimi giorni, hanno una gravità eccezionale, resa più inquietante dal silenzio della «comunità internazionale» e in particolare delle autorità dell’Unione Europea che recentemente, non contente di pagare Ankara con una cifra spropositata per chiederle di bloccare i migranti, hanno ritenuto opportuno riaprire la procedura di ingresso della Repubblica di Turchia nell’Unione. Un atto che ha suscitato non poche perplessità in relazione agli attacchi alla libertà di espressione del pensiero, in ogni sua forma, che Erdogan e i suoi governi praticavano da mesi con chiusura di giornali di opposizione, incarceramenti, uccisioni, al di fuori di qualsivoglia legittimità. Senza parlare dell’arroganza con cui respingeva ogni richiesta di riconoscimento di un fatto storico accertato, il genocidio degli armeni, o del non troppo lontano sostegno all’Isis, o della persistente politica di persecuzione del popolo curdo.

Ebbene, negli ultimi giorni, con il pretesto del colpo di Stato, Erdogan ha messo in atto la più feroce, sistematica azione combinata di repressione/prevenzione che si ricordi nella storia recente del mondo. Epurazioni di massa (sulla base di liste evidentemente già pronte), imprigionamenti, uccisioni, sospetti suicidi, e minacce, in un clima di caccia alle streghe che rinvia a tristi precedenti storici.

Noi non entriamo nel merito delle responsabilità del golpe, ma riteniamo che l’Ue, le nazioni che si dichiarano democratiche, l’Onu, non possano rimanere inerti e silenti.

Noi sottoscritti, docenti universitari, in particolare, e uomini e donne che lavorano nella formazione, nell’organizzazione culturale, nell’informazione, esprimiamo la più ferma condanna dell’azione volta a mettere sotto tutela l’intera università turca e gli altri apparati, pubblici e privati, culturali e di formazione dell’opinione pubblica: ricordiamo che tutti i docenti turchi hanno ricevuto il divieto di espatrio, tutti i decani (1577) sono stati sospesi, come è stato per 15.200 docenti di scuola, funzionari e, ancora, magistrati, militari, poliziotti, quando non sono stati semplicemente licenziati, o peggio: arrestati e gettati in condizioni disumane in carceri di fortuna, denudati, ammanettati, malmenati.

Con il pretesto del colpo di Stato, in sintesi, Erdogan, già presidente autoritario, sta trasformando la Turchia in una vera e propria dittatura, con l’aggravante del connotato islamista, come la minaccia del velo obbligatorio per le donne lascia temere.

Noi sottoscritti chiediamo a tutta la comunità intellettuale di far sentire la propria voce, esercitando ogni pressione sulle autorità accademiche nazionali ed europee, perché esse premano sulle autorità politiche italiane, comunitarie e internazionali, facendo cessare immediatamente l’odiosa, violenta, inaccettabile azione di Erdogan contro la cultura, contro la scuola e l’università, e contro ogni forma di Stato di diritto e di democrazia in Turchia.

Angelo d’Orsi (Università di Torino), Guido Liguori (Università della Calabria)

Tra le prime adesioni:

Angelo Del Boca, Giuseppe Cacciatore, Gian Mario Bravo, Gianni Ferrara, Paolo Flores D’Arcais, Marco Travaglio, Pasquale Voza, Raffaele Perrelli,Gianpasquale Santomassimo, Marcello Mustè, Paolo Favilli

Per aderire: info@historiamagistra.it