Allo sciopero generale potranno partecipare anche i ferrovieri: il governo ha dovuto cedere. È la conclusione di una giornata al fulmicotone, che ha visto Cgil, Uil e Orsa opporsi alla decisione del ministro Maurizio Lupi di precettare gli addetti al trasporto. Il premier Matteo Renzi ha deciso di tenere un profilo più basso, non prendendo di petto – come usa fare di solito – i sindacati, ma anzi offrendo loro una sorta di apertura. Quando già si stava trattando al ministero per una possibile revoca (che poi infatti in serata è arrivata), il presidente del consiglio ha dichiarato che la fermata dei lavoratori è «legittima», e ha augurato loro un «in bocca al lupo».

Segnali di fumo che non indicano certo una via più facile per Cgil e Uil – la strada delle proteste resta più che in salita – ma che in qualche modo hanno ammorbidito una giornata che era nata all’insegna della massima tensione. I segretari Susanna Camusso e Carmelo Barbagallo, infatti, nel primo pomeriggio erano usciti con una vera e propria dichiarazione di guerra: «La precettazione – hanno detto – mette in discussione una delle massime espressioni della democrazia. È nostra intenzione investire dell’accaduto le massime cariche dello Stato, perché siamo di fronte a una inequivocabile lesione del diritto di sciopero sancito dalla Costituzione».

«Non era mai successo che nell’immediata vigilia di uno sciopero generale fosse assunta una tale decisione, per di più contravvenendo alle norme e procedure previste in materia dalla legge – hanno affermato sempre i due leader di Cgil e Uil – In precedenti analoghe circostanze, la verifica dell’eventuale compressione del diritto alla mobilità veniva effettuata successivamente allo svolgimento della manifestazione: una compressione che, in questo caso, siamo certi non si verificherà affatto». La stessa Camusso, aveva definito qualche ora prima «gravissima» la precettazione, «un intervento a gamba tesa».

«C’è profondo rispetto per i sindacati – ha detto Renzi qualche ora prima che arrivasse la revoca, appunto quando era già aperto il tavolo al ministero – Non la pensiamo come loro, cambieremo paese anche per loro ma garantiamo la massima collaborazione istituzionale e mi auguro che si risolvano in poche ore le polemiche tra Lupi e Camusso».

«Lo sciopero generale è un momento di alta protesta», ha continuato il presidente del consiglio. «Noi abbiamo profondo rispetto anche se io non sono d’accordo con le ragioni. Buon lavoro a chi lavora e in bocca al lupo a chi sciopera, con rispetto e senza polemiche», ha quindi concluso.

Lupi ha quindi deciso, dopo la trattativa, di revocare l’ordinanza di precettazione, ottenendo che lo sciopero fosse rimodulato da 8 a 7 ore, così da arrecare un danno minore ai viaggiatori. «Di fronte alla segnalazione dell’Autorità garante degli scioperi che richiamava “il fondato pericolo di un pregiudizio grave e imminente ai diritti della persona costituzionalmente tutelati” – ha spiegato il ministro – ho voluto difendere il diritto alla mobilità dei cittadini». «Nello stesso tempo – prosegue – ritenendo che vada garantito il diritto allo sciopero, anche di fronte a uno sciopero che non condivido, sin da subito ho ritenuto di dover dialogare con i sindacati coinvolti per contemperare entrambi i diritti. La ragionevolezza dimostrata dai sindacati, (Cgil, Uil, Ugl e Orsa da una parte e CAT dall’altra) che hanno ridotto il tempo sia dello sciopero (che finisce alle 16 invece che alle 17 con un grande vantaggio per i pendolari) sia di quello di sabato e domenica (che salva la fascia serale di sabato iniziando alle 24 invece che alle 21), e la rassicurazione di Trenitalia sulla possibilità di ridurre così i disagi per i cittadini ho deciso revocare il provvedimento di precettazione».

«Avevamo ragione noi. Il governo ha dovuto fare marcia indietro e revocare la precettazione – hanno commentato soddisfatti Camusso e Barbagalo – Non c’erano le condizioni di legge per inibire il diritto di sciopero».

Dal fronte sindacale, i segretari di categoria hanno invitato i lavoratori alla partecipazione: da Walter Schiavella (Fillea Cgil) a Stefania Crogi (Flai Cgil), fino a Paolo Pirani (Uiltec Uil).

Sonora bocciatura, invece, dal presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi: «In un mondo che viaggia alla velocità della luce – ha detto – andare con sistemi non voglio dire vecchi ma tradizionali come uno sciopero generale mi lascia qualche dubbio». Squinzi ha comunque ricordato che lo sciopero «è un diritto» ma in un momento di difficoltà «abbiamo bisogno di più coesione per ritrovare lo sviluppo».

Un’adesione alla protesta è venuta dalle associazioni Lgbti: «Assieme ai lavoratori e alla lavoratrici esprimiamo dissenso e preoccupazione per la deriva dispotica e per i veri e propri arretramenti che la politica del governo Renzi sta mettendo in campo, attraverso il Jobs Act e la legge di stabilità, ma anche nelle numerose inottemperanze e negli impegni mai rispettati», dicono Arcigay, Arcilesbica, Famiglie Arcobaleno e Mit.