Ancora una volta Matteo Salvini fa quello che gli riesce meglio: alzare sempre più l’asticella dello scontro con i migranti e chi li soccorre in mare. Chiunque esso sia. E così dopo essersela presa con le navi delle ong chiudendo i porti all’Aquarius di Sos Mediterranée e Medici senza frontiere, nel mirino del ministro degli Interni ieri è finita la Guardia costiera una cui nave, la Diciotti, è stata lasciata per ben due giorni a navigare avanti e indietro tra Malta e l’Italia in attesa di conoscere il nome di un porto dove far sbarcare gli oltre 600 migranti che aveva a bordo, tra i quali anche una cinquantina di bambini, i 48 superstiti di un naufragio avvenuto nove giorni fa davanti alle coste della Libia e un cadavere.

Un ritardo che sembra essere un messaggio esplicito per chi – come la Marina – nonostante la linea dura intrapresa dal governo gialloverde non intende sottrarsi al primo dovere di chi va per mare, ovvero salvare chi si trova in pericolo. «Siamo attualmente in fase stallo, in attesa che il ministero dell’Interno ci dia indicazione del porto dove dirigere la nave», spiegava ieri mattina alle 10 la Guardia Costiera. Una situazione paradossale, tanto da spingere l’Unhcr, l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, a intervenire chiedendo di far sbarcare subito i migranti. La situazione si sblocca solo a mezzogiorno, quando alla Diciotti arriva finalmente l’ordine del Viminale di dirigere verso il porto di Pozzallo dove in serata è avvenuto lo sbarco.

I primi a toccare terra, prelevati dalle motovedette dalla Guardia costiera, sono state una decina di persone tra cui tre mamme con i loro neonati e un uomo con un febbre ritenuta sospetta dai sanitari.
Dietro le azioni del ministro – contro le ong, contro i Rom e adesso nell’ostacolare le navi della Marina pur di fermare gli sbarchi – sembra esserci la volontà di alzare al massimo la tensione in vista del vertice dei capi di Stato e di governo del 28 giugno, dove Salvini intende essere presente pur senza esserci. La pressione serve infatti a imbrigliare il premier Conte alla linea dura imposta anche agli alleati pentastellati (che quando non tacciono approvano in maniera esplicita), ma anche di rafforzare gli alleati di Visegrad e l’Austria (oggi Salvini incontra il collega austriaco Herbert Kickl), e rende re più difficile il lavoro di chi, come il presidente francese Emmanuel Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel, tentano ancora di modificare il regolamento di Dublino. Una partita che in realtà per i due leader sarebbe persa prima ancora di cominciarla, almeno stando alle indiscrezioni circolate ieri a Bruxelles secondo nella bozza di documento finale del vertice non ci sarebbe traccia della riforma.

Ma dietro il ritardo con cui è arrivata al’indicazione di un porto per la Diciotti potrebbe esserci anche un’altra motivazione. Gli sbarchi sono in calo ormai da un anno più per l’accordo siglato con la Libia che per la campagna contro le ong. Anzi gli arrivi degli ultimi giorni si devono principalmente alle navi mercantili e a quelle militari intervenute in soccorso dei gommoni in difficoltà. Dati e fatti che Salvini conosce bene dal momento che li ha in bella vista sulla sua scrivania e che smentiscono la sua campagna contro le organizzazioni non governative come uniche responsabili dell’arrivo in Italia dei migranti. La nave della Guardia costiera lasciata per ore in stallo aveva a bordo uomini, donne e bambini tratti in salvo nel corso di diversi salvataggi operati nel Mediterraneo da navi diverse. «Sono persone a cui devono essere fornite urgentemente cure adeguate a un’assistenza psicologica», ricordava ieri Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr per il Sud Europa.