L’«equivoco», come alla fine è stato chiamato da tutti, è durato poco. Il tempo necessario al gruppo Fendi per capire di aver fatto un passo falso e di innestare una (quasi) rapida retromarcia e il sole tra la celebre maison dalla moda e il vasto universo lgbt è tornato a splendere. Ma per qualche ora la mail inviata dalla holding francese proprietaria del marchio Fendi agli organizzatori del Roma Gay Pride in programma per domani nella capitale ha rischiato davvero di scatenare una rivolta. Oggetto del contendere le immagini che pubblicizzano la manifestazione in cui sullo sfondo appare il palazzo della Civiltà, più conosciuto a Roma come il Colosseo quadrato.

Da un anno il palazzo – costruito nel 1937 dagli architetti Giovanni Guerrini, Ernesto Bruno La Padula e Mario Romano per l’esposizione universale del 1942 – è infatti il quartier generale della doppia F che l’ha preso in gestione della Eur Spa e della cui immagine rivendica l’uso esclusivo. Da qui l’intimidazione al Coordinamento Roma Pride, fatta attraverso uno studio legale, di non utilizzare più il palazzo della Civiltà per pubblicizzare il Gay Pride e di distruggere le immagini già scattate. Intimidazione che ieri mattina, quando l’hanno appresa, ha lasciato di stucco i militanti del circolo di cultura omosessuale Mario Mieli, che si occupano di organizzare il Gay Pride. «Non è possibile che una società che sta su mercato e che ha tra i suoi clienti anche le persone lgbt, si senta in alcun modo danneggiata dall’indiretto collegamento con una manifestazione per i diritti umanitari organizzata da una storica organizzazione», è il commento affidato alla rete. A meno che alla Fendi non considerino offensivo essere accomunati alle persone lgbt.
Poche ore e arriva la retromarcia. Sia perché in rete la rivolta stava montando e frotte di gay, lesbiche, bisessuali e trans erano già pronti a marciare armati di macchina fotografica sotto il Colosseo quadrato. Sia perché ai piani alti della holding qualcuno deve aver compreso l’enormità della gaffe commessa e i suoi (possibili) risvolti economici. Da qui alla decisione di rimangiarsi tutto ci è voluto poco. «E’ stato un equivoco», è la versione fornita al termine di un incontro con il Circolo Mieli. «Da sempre per Fendi la valorizzazione delle diversità professionali, culturali e di genere è parte integrante della cultura della società, la quale in nessuna attività, interna o esterna, discrimina in base all’orientamento sessuale, identità di genere, origini sociali, etnia, invalidità, età, stato civile o altra condizione personale». Caso chiuso.
Fendi o non Fendi, le persone lgbtq saranno sabato in piazza per continuare a rivendicare i propri diritti. «Chi non si accontenta lotta» è lo slogan della manifestazione che prenderà il via alle 15 da piazza della Repubblica. Il riferimento è alla legge sulle unioni civili varata dal parlamento senza alcuni punti fondamentali per le persone omosessuali come la stepchild adoption e l’equiparazione con il matrimonio. «Una legge che non è nulla ed è piena di cavilli. E’ un piccolo passo. Il mondo lgbt merita di più» è il messaggio inviato ai manifestanti dall’attrice Asia Argento, madrina del Pride. E gli organizzatori promettono: «Sabato saremo più di trecentomila».