Qualche giorno fa scienziati del calibro di Ugo Amaldi, Angela Bracco, Cinzia Caporale, Luciano Maiani o Giorgio Parisi hanno indirizzato al premier Conte e al ministro Manfredi una lettera aperta (la seconda, da ottobre) per sollecitare il governo a non dimenticare la ricerca scientifica, quale vettore trainante dello sviluppo, nella ripartizione del Recovery Fund. Propongono di investire 15 miliardi di euro in 5 anni, «pari al 7% della cifra stimata per l’Italia nel piano Next Generation Eu», affinché la ricerca pubblica italiana possa quantomeno avvicinarsi al passo dei principali Paesi europei. L’appello dei 14 luminari italiani riprende in parte quello che il fisico Federico Ronchetti, ricercatore del Cern e dell’Infn, ha definito il #PianoAmaldi (estrapolato dal contributo dell’esimio Prof. di Fisica ad un convegno su «Pandemia e resilienza») con un hashtag di successo che da maggio scorso ha scalato le classifiche social ed è quasi diventato un Trend Twitter con 13 milioni di visualizzazioni.

Dott. Ronchetti, in sintesi, cosa prevede il Piano Amaldi?

Innanzitutto propone di raddoppiare entro il 2026 gli investimenti pubblici sulla ricerca di base e applicata (sulla prima il doppio che sulla seconda). L’Italia infatti investe oggi sulla ricerca lo 0,5% del Pil, mentre la Francia lo 0,8% e la Germania l’1,1%. Berlino, in sostanza, investe in ricerca il quadruplo dell’Italia, visto che il loro Pil è il doppio del nostro. Ecco perché la Germania è più ricca e sviluppata. Oltre al finanziamento, il Piano Amaldi propone alcune riforme, articolate in quattro punti. Primo: più risorse umane, meno burocrazia. Ossia, più borse di dottorato, più ricercatori, meno macchina amministrativa. Secondo: più infrastrutture. Molte di quelle esistenti vanno potenziate, si tratta perciò di investimenti strutturali, adatti ad essere inseriti nel Recovery plan. Terzo: finanziamento dei progetti. Quarto (ed è l’unico punto che non è stato ripreso nella lettera dei luminari a Conte), trasferimento tecnologico dal pubblico verso il privato, sul modello del Fraunhofer Network, che è una rete di società a capitale misto tedesca che vende e adatta alle esigenze delle aziende private le innovazioni tecnologiche ottenute tramite la ricerca applicata finanziata dal pubblico. Di esempi se ne potrebbero fare molti: il formato Mp3 è un prodotto del Fraunhofer Network, che si occupa anche di e-government, identità digitale, archiviazione di dati sanitari, ecc. Il nostro si chiama «Progetto Quantum Italia», ed è la parte applicativa del Piano Amaldi, ancora tutto da pensare.

In sostanza, il Piano Amaldi è più ambizioso rispetto alle richieste avanzate nella lettera degli scienziati. È così?

Direi di sì, ed è anche più favorevole alle nuove generazioni. Perché è chiaro che mentre la scienza italiana punta ai 15 miliardi, nel 2026 gli altri Paesi europei avranno incentivato ulteriormente i loro finanziamenti alla ricerca pubblica. Lasciandoci sempre più indietro.

Uno dei vostri obiettivi primari è quello di creare un movimento di opinione perché, spiega Amaldi, «i politici non agiscono, reagiscono; se vedono che c’è molta gente interessata a questo, daranno retta agli scienziati». Quale reazione ha registrato sui social il suo hashtag, e quali partiti si sono mostrati interessati?

Le risposta delle persone sui social è stata davvero molto importante, e inusuale per un tema così. Anche la stampa ha risposto molto bene, la televisione meno. Purtroppo invece la politica, sia i partiti della maggioranza che quelli dell’opposizione, è stata un muro di gomma, malgrado le nostre tante sollecitazioni. Uniche eccezioni: Marco Bentivogli, +Europa, Azione, Possibile e Mara Carfagna che ha rilasciato una dichiarazione favorevole ma poi non ha fatto più nulla. Ora stiamo raccogliendo firma su una petizione lanciata su Change.org/PianoAmaldi. Ma se la politica non capisce, o fa finta di non capire, è il colpo di grazia per l’Italia. Perché questo treno dei fondi europei non ripassa. E se tutti i settori trainanti della nostra economia sono stati spazzati via da un virus, mentre solo l’hi-tech ha sviluppato ricchezza, allora noi abbiamo un’unica possibilità di dare un futuro ai nostri ragazzi: finanziare istruzione e ricerca. Soprattutto, farli diventare un valore.