Il governatore della Federal Reserve Ben Bernanke ha annunciato che la politica monetaria espansiva adottata per reagire alla crisi («quantitative easing») si interromperà alla metà del 2014 qualora verrano confermati i segnali di ripresa dell’economia e la disoccupazione si attesterà negli Stati Uniti al 6,5%. L’acquisto dei titoli praticato dalla banca centrale Usa si ridurrà già alla fine di quest’anno. L’annuncio di Bernanke ha provocato un cataclisma in tutte le borse del mondo. Ieri, l’indice giapponese Nikkei ha chiuso a -1,7%. L’onda è arrivata in pochi minuti nel Vecchio continente stendendo l’indice di Piazza Affari a Milano che ha perso il 3,9%. Lo spread Bund-BTp è schizzato a oltre 290 punti. Perdite superiori al 3% sono state registrate anche da tutte le altre principali Borse europee. Il crollo è anche dovuto alle incertezze legate alla produzione manifatturiera tedesca, giunto al secondo mese consecutivo di crescita modesta, a conferma che la crisi sta lavorando seriamente ai fianchi l’economia dominante in Europa fino al punto da portarla alla recessione. Per gli osservatori, quella di ieri è stata una «reazione impulsiva» all’annuncio di Bernanke, tutto dovrebbe tornare «nella norma». Queste paurose oscillazioni hanno fatto passare in secondo piano la riunone dei ministri delle Finanze europei in corsoi a Lussemburgo. L’oggetto è l’unione bancaria europea e il compromesso sul Meccanismo europeo di stabilità dotato di 500 miliardi di euro. Tra i 50 e i 70 miliardi dovrebbero andare alla ricapitalizzazione delle banche in difficoltà. Il conflitto vero è sull’unione bancaria sulla quale i 27 paesi dell’Eurozona sono divisi.Gran Bretagna e Francia chiedono flessibilità su chi dovrà pagare, la Germania insiste per regole più rigide per evitare ogni situazione di incertezza.