Il capo dipartimento della Protezione civile Angelo Borrelli è a letto con la febbre e, almeno fino a ieri sera, attendeva il responso del tampone, il secondo dopo quello di qualche giorno fa. Così a comunicare il bollettino quotidiano sull’epidemia di Covid-19 sono stati il direttore generale della Protezione civile Agostino Miozzo e quello operativo Luigi D’Angelo. Le cifre del giorno sono in linea con quelle dei giorni precedenti, cioè in lento miglioramento. I nuovi casi positivi sono circa 5200, un centinaio in meno di martedì, i guariti altrettanti in più, e la cifra dei deceduti scende a 683 dai 743 di martedì. Dall’inizio dell’epidemia si contano 7.503 vittime. Ha funzionato a pieno regime l’attività di test, risalita a 25 mila tamponi al giorno.

Da alcuni giorni il contagio ha smesso di accelerare, anche se i giorni scorsi mostrano che le oscillazioni sono sempre possibili. L’unico a azzardare previsioni ieri è stato Ranieri Guerra, direttore vicario all’Organizzazione Mondiale della Sanità, che in un’intervista a Radio Capital ha previsto che «il picco potrebbe essere raggiunto questa settimana».

Una delle caratteristiche peculiari del focolaio italiano è la sua virulenza nei confronti di chi dovrebbe proteggere il resto della popolazione. Preoccupa ad esempio la salute del predecessore di Borrelli, il settantenne Guido Bertolaso che avrebbe dovuto gestire la costruzione di un ospedale da campo al San Raffaele. Proprio lì è ricoverato da martedì sera perché la febbre non accenna a calare. A quanto si apprende, Bertolaso non ha bisogno di assistenza nella respirazione.

Tra i medici, le vittime sono ormai arrivate a trenta, di cui 17 medici di base, precisa il segretario della federazione dei medici di medicina generale Silvestro Scotti. «Tra ieri e oggi, dei 6 medici morti ben 5 sono medici di famiglia». E ha lanciato una dura accusa contro la scarsa tutela dei sanitari: «Quelli che hanno più di me responsabilità direzionali e di governance a tutti i livelli valutino se ognuno di loro ha fatto tutto quello che poteva per tutti gli attori della nostra sanità perché, se non fosse così, saremmo di fronte ad una strage di Stato».

Anche il sindacato dei medici Anaao-Assomed ha scritto una lettera aperta a Brusaferro per segnalare i rischi che stanno correndo i medici, soprattutto nella regione Piemonte dove oltre venti medici ospedalieri sono ricoverati per il Ccovid-19. In Piemonte puntano il dito contro l’Istituto Superiore di Sanità che «non ci aiuta a difendere i sanitari» «Parallelamente al progredire della carenza di dispositivi» scrivono i medici «ha ridimensionato le indicazioni di tutela». Nel mirino le linee guida per la sicurezza sulle mascherine, che sarebbero state allentate per andare incontro alle difficoltà di reperirle da parte delle regioni e della Protezione civile: «le maschere filtranti non ci sono? Allora bene le chirurgiche, avanti tutta».

Anche altre categorie corrono rischi simili. Tra quelli che non si sono fermati dopo l’ordinanza del 6 marzo ci sono i lavoratori dei call center. Uno di loro è morto il 22 marzo (ma la notizia è stata data ieri) all’istituto Spallanzani di Roma, diventando a 33 anni una delle vittime più giovani del virus e la più giovane del Lazio. Il giovane di nazionalità montenegrina aveva viaggiato a Barcellona con gli amici nel weekend dell’8 marzo e al ritorno, ai primi sintomi, si era messo in isolamento e poi era risultato positivo al virus.

«È stato disposto l’esame autoptico per accertare le cause del decesso», comunica l’istituto. Sempre nel Lazio è stata individuata un nuovo focolaio a Nerola, in provincia di Roma, in una casa di riposo. Ben 70 persone, su 103 tra operatori e ospiti, sono risultati positive al virus. Nel piccolo comune è stata disposta una nuova «zona rossa» con il divieto di entrata e uscita dal piccolo comune.

Al nord proseguono gli arrivi di contingenti in soccorso alle situazioni ospedaliere più complicate.

Dopo i medici cinesi a Milano e quelli cubani a Cremona, da ieri sera sono a Bergamo 150 operatori sanitari e tecnici russi, destinati a operare nell’ospedale da campo installato dagli alpini nell’area fiera.