Può una multinazionale con sede legale e fiscale all’estero chiedere il sostegno pubblico, anche se si chiama Fiat? Per certo Fca sta trattando con Intesa San Paolo per avere una linea di credito da circa 6,3 miliardi di euro, e sta lavorando per richiedere la garanzia statale attraverso Sace, (gruppo Cassa depositi e prestiti, controllato dal ministero dell’Economia), che è stata incaricata di gestire i prestiti di maggiore importo che godono della garanzia pubblica, nell’ambito del provvedimento di sostegno alle imprese colpite dagli effetti del coronavirus.

ANTICIPATA da Milano Finanza e da Bloomberg, la notizia è stata ripresa dalla Reuters e in serata dall’agenzia giornalistica Agi, che ha contattato Fca, Sace e Intesa San Paolo, che però non hanno voluto commentare.

Sul piano strettamente tecnico la procedura è prevista dal Decreto liquidità, con l’obiettivo di garantire la continuità delle attività economiche danneggiate dalla pandemia Covid-19. Le garanzie sono destinate alle imprese con un fatturato individuale superiore o uguale a 1,5 miliardi di euro, o con numero di dipendenti in Italia superiore o uguale a 5.000, e per finanziamenti di importo superiore ai 375 milioni di euro.

Così, se Fca si accordasse con Intesa San Paolo per il prestito, il dossier passerebbe alla Sace per un’istruttoria preliminare e da lì al ministero dell’Economia e delle Finanze, cui spetterà in ogni caso di valutare l’operazione, prima dell’ipotetica autorizzazione alla garanzia statale con un decreto ministeriale ad hoc. Una garanzia pubblica che sarebbe fornita, appunto da Sace, per l’80% dell’importo complessivo della linea di credito di 6,3 miliardi. Condizionata inoltre da una serie di paletti, tra cui il congelamento del dividendo ai soci sul bilancio 2019, originariamente previsto per 1,1 miliardi, e l’impegno a non approvare l’acquisto di azioni proprie in un periodo di andamenti ribassisti in Borsa.

SU TUTTA L’OPERAZIONE pesano poi le incognite legate al progetto di fusione tra il gruppo proprietario di Fiat e Chrysler e il colosso francese Psa, «I due gruppi, Fca e Psa, hanno confermato l’intenzione di procedere con la fusione al massimo entro l’inizio del 2021 – osserva il professore Giuseppe Berta, docente di Storia economica alla Bocconi – e poiché siamo ormai a metà maggio, è chiaro che abbiamo davanti un orizzonte di pochi mesi in cui Fca resterà un gruppo autonomo. Non si può non tener conto del fatto che non ci sarà più un piano industriale Fca, dal momento che il prossimo piano industriale sarà presentato dal nuovo gruppo che nascerà dalla fusione».

Per effetto della fusione, tra l’altro, ci sarebbe un extra-dividendo da 5,5 miliardi per i soci Fca, tra i quali naturalmente la Exor di casa Agnelli.

Nel capitale azionario del nuovo gruppo automobilistico dovrebbe poi esserci anche lo Stato francese. «La Francia è già nel capitale di Renault e Psa – conferma Berta – e non uscirà, anzi il governo francese ha intenzione di far pesare la sua voce sul destino della produzione automobilistica nazionale. Quindi i due gruppi non sono nella stessa posizione rispetto ai due governi interessati dall’operazione. Forse a questo tavolo manca un convitato. Comunque – chiude Berta – la richiesta di un credito non stupisce, tutto il settore vive un difficilissimo momento».

IN ITALIA infatti le nuove immatricolazioni di auto sono andate giù del 98% ad aprile, dopo il crollo dell’86% a marzo. In questo contesto, Fiat è leader di mercato nella penisola, e sta subendo il conto della crisi in maniera più forte dei concorrenti.