«Un gesto di responsabilità per rimettere il cerino nelle mani dell’azienda e degli altri sindacati». Dopo i due giorni di sciopero di giovedì e venerdì, ieri mattina l’attivo dei delegati Fiom di Pomigliano ha deciso di sospendere l’astensione dal lavoro che aveva bloccato il reparto stampaggio e di conseguenza la produzione degli altri reparti a cascata costringendo allo stop alla produzione dell’intero stabilimento ieri mattina per «mancanza di materiali». «Non si tratta però di una marcia indietro, anzi. Noi per giovedì 7 marzo abbiamo convocato un’assemblea di tutti i lavoratori di Pomigliano: se entro quella data l’azienda non avrà aperto al dialogo, siamo pronti a mobilitarci nuovamente», spiega Michele De Palma, il segretario nazionale Fiom che ieri ha partecipato all’assemblea.

LA DECISIONE della Fiom è figlia delle polemiche di questi giorni. Gli altri sindacati – Fim Cisl in testa – hanno criticato lo sciopero sebbene parecchi loro iscritti abbiano deciso di aderire. Su molti giornali – Il Mattino in testa – lo sciopero è stato interpretato come «voler male al sud per far saltare gli investimenti annunciati da Fca» o addirittura come «la Fiom non vuole lavorare». «Un’accusa paradossale visto che il nostro scopo primario rimane quello di far lavorare più persone possibili: l’obiettivo dello sciopero è la redistribuzione del lavoro utilizzando maggiormente gli impianti con l’aumento dei volumi produttivi».

All’origine dello sciopero c’è una «salita produttiva» che porterà a produrre ogni settimana dalle attuali 4.500 a 5.400 Panda. Per questo, contratto aziendale alla mano, il direttore dello stabilimento ha deciso di aumentare i turni di lavoro senza discutere con i sindacati. Il reparto più sollecitato e inizialmente colpito è quello dello stampaggio – già adesso il più pesante perché prepara scocche anche per la Sevel di Atessa – che da oggi passa da 10 a 12 turni con il sabato che diventa lavorativo. Di qui la protesta dei lavoratori e la controproposta della Fiom di «allungare il turno notturno di due ore per far rientrare dalla cassa integrazione che scade a settembre molti più lavoratori di quelli previsti dall’azienda (ora sono il 37 per cento – circa 1.800 operai: con il piano dell’azienda scenderebbero solo del 10%, con quello della Fiom almeno del doppio) utilizzando anche due linee delle presse ora ferme, passando da 7 a 9». Al «no» secco dell’azienda è partito lo sciopero con adesione altissime e quasi totali su tutti i turni anche venerdì.

MA IERI SI È AVUTO anche maggiore contezza della «salita produttiva». Si tratta infatti di una vendita in blocco di flotte di autovetture per varie catene di autonoleggi (Rent, Maggiore e altri) che ad inizio anno commissionano alle case automobilistiche nuovi modelli. Niente di straordinario dunque. E soprattutto tutto molto aleatorio e temporaneo. «Non c’è stata alcuna comunicazione ufficiale ma di si parla solo di un paio di mesi», racconta Mario Di Costanzo, operaio e coordinatore Fiom a Pomigliano.

«LA FIOM INVITA LE ALTRE organizzazioni sindacali a non dividere le maestranze, ma ad ascoltare e rappresentare le istanze delle lavoratrici e dei lavoratori», è scritto nella nota.

IERI DAL SALONE DI GINEVRA l’azienda è stata costretta ad accelerare gli annunci sul nuovo modello per Pomigliano: il piccolo C Suv Alfa si chiamerà Tonale – dopo lo Stelvio, un altro passo alpino – ma nessuna certezza sui tempi di produzione, ben difficilmente prima della scadenza della cig a settembre.

La polemica sindacale comunque non si arresta. Ieri è stata la segretaria generale della Cisl Annamaria Furlan ad intervenire: «Quando c’è lavoro lo sciopero credo sia uno strumento che non va bene – ha detto ieri a Napoli – . Quella di Pomigliano, è una storia che viene da lontano, ed è una storia negativa. Se oltre all’ecobonus che di fatto penalizza la produzione italiana aggiungiamo anche gli scioperi perché si aumentano i turni sempre restando nell’ambito del contratto nazionale, diamo davvero sbocchi negativi a quella che rimane una delle più grandi imprese private nel nostro paese, con tanti occupati».

IN REALTÀ FURLAN SBAGLIA a citare il «contratto nazionale» e lo confonde con il Ccsl di Fca, il contratto collettivo specifico di primo livello che permette di aumentare i turni e i carichi di lavoro senza dover contrattare con i sindacati. «Ed è esattamente questo il motivo della nostra proposta – attacca Michele De Palma – : Furlan farebbe bene a chiedere alla Fim di chiudere l’anomalia Fca e di applicare il contratto nazionale unitario che renderebbe anche più alti i salari degli ex dipendenti Fiat, sempre che non siano in cassa integrazione da 10 anni come succede a migliaia di operai a Pomigliano».