I più delusi, per la verità, sono i suoi stessi supporter. Che arrivano per primi nella sala dove Ignazio Marino presenta il suo libro. Che applaudono ogni suo passaggio. E polemizzano rumorosamente con i giornalisti considerati un po’ tutti nemici e prezzolati. Emilia La Nave, ricercatrice e assessora del Municipio II, una delle attiviste dell’associazione Parte Civile, la prende con filosofia: «Se non ci sarà lui, non saprei con chi schierarmi. I partiti non mi interessano, ho il mio lavoro, la politica non è obbligo».

I più arrabbiati sono quelli della sinistra radical romana. Loro invece non lo dicono apertamente. Da mesi subiscono il balletto del «mi candido anzi no» dell’ex sindaco. Sfiniti dall’attesa, sconvocati ormai tutti i tavoli almeno fino al 10 aprile, la possibilità di una lista comune fra sinistra e civici sempre più remota. In campo resta Stefano Fassina, deputato di Si, che il 2 e il 3 aprile aprirà banchetti in tutta la città per ufficializzare finalmente la sua candidatura, dopo mesi di «ascolto della città». «Marino deciderà cosa vuole fare», risponde, «noi gli abbiamo proposto le primarie e un programma cui lavorare insieme. La proposta resta valida. Ma la prossima settimana cominceremo a lavorare sulle liste».

I tempi stringono, se il voto sarà convocato per il 5 giugno le liste andranno depositate entro i 40 giorni precedenti, quindi poco dopo metà aprile. Marino, dopo averlo incontrato alcune volte, ha interrotto ogni contatto quando un gruppo di Sel, capeggiati da un senatore romano, gli ha chiesto pubblicamente di farsi da parte almeno finché non finirà la vicenda giudiziaria degli scontrini e quella della onlus Imagine. L’ex sindaco non ha gradito e si è chiuso nel silenzio. Negli ultimi giorni si sarebbe rifatto vivo rilanciando la candidatura dell’ex ministro Bray. Lasciando tutti esterrefatti. In effetti ieri ai cronisti ha fatto capire che i candidati fin qui in campo (leggasi Fassina) non gli piacciono. «Spero fortemente che ci sia un candidato o una candidata che rappresenti la società civile», ha detto a SkyTg24. Insomma, non voterebbe Fassina? «I partiti hanno dimostrato un fallimento manutentivo della città».

Fassina se ne fa una ragione. «Stiamo consolidando l’aspetto civico delle nostre liste e nella nostra coalizione. Avremo con noi rappresentanti dell’associazionismo cattolico e di quello civile, figure importanti». Come dire: Marino non ha il monopolio del civismo. Anche Paolo Cento, segretario dei vendoliani romani e a lungo punto di equilibrio dei conflitti interni ai suoi, ormai dà la partita delle candidature per chiusa: «La presentazione del libro di Marino conferma le ragioni di una fine traumatica del centrosinistra a Roma e i motivi di una impossibile ricomposizione al primo turno delle prossime comunali», spiega. «La decisione di non decidere rispetto ad una ricandidatura va rispettata: ma è evidente che la candidatura di Fassina per noi è quella più in grado di raccogliere la spinta al cambiamento e all’autonomia dai poteri forti». Marino addio, dunque? I sondaggi non consentono snobismi: «A Marino proponiamo di contribuire portando quel contributo civico e democratico tradito dalla fine ’notarile’ della scorsa consiliatura».