Sarà l’effetto delle «larghe intese», o il caldo di luglio: o tutti e due insieme. Fatto sta che ormai il Pd è sempre più simile al Pdl e addirittura ormai la rincorsa si gioca sull’evasione fiscale. Ma non, attenzione, sul contrasto a questo orrendo fenomeno: piuttosto sulla strizzatina d’occhio, che ci sta sempre bene. E così, tra il serio e il faceto, potremmo dire «piccoli berluschini crescono» se guardiamo alle dichiarazioni di ieri del viceministro all’Economia Stefano Fassina, già numero due dell’ex segretario del partito Pierluigi Bersani, e di radici diessine (ma tant’è).

E dire che il premier (e sodale di partito) Enrico Letta, il giorno prima aveva lanciato la linea dura anti-evasione, parlando davanti ai dipendenti dell’Agenzia delle Entrate e di Equitalia. Ma Fassina non ha comunque resistito: «Esiste un’evasione di sopravvivenza – ha detto a un convegno di Confcommercio, dove si presentavano peraltro i dati sulla maxievasione che ogni anno uccide le finanze del Paese – Senza voler strizzare l’occhio a nessuno, senza ambiguità nel contrastare l’evasione, ci sono ragioni profonde e strutturali che spingono molti soggetti a comportamenti di cui farebbero volentieri a meno».

Letta, due giorni fa, aveva invitato gli evasori a «riportare i soldi in Italia, se li hanno portati all’estero, perché i tempi sono cambiati». E, in più, il premier aveva detto che le risorse recuperate dalla lotta all’evasione sarebbero state investite per abbassare l’imposizione fiscale. Favorendo magari chi (si saranno aspettati imprese e sindacati), come i dipendenti o gli imprenditori onesti, le paga tutte.

E ieri la «battuta» di Fassina non ha raccolto apprezzamenti, soprattutto nel campo «amico» dello stesso viceministro, ovvero il suo Pd e la Cgil. Per Matteo Colaninno, responsabile economico dei Democratici (ruolo che ricopriva Fassina prima di entrare nel governo) è necessario attuare «un cambiamento»: «Bisogna mettere a punto, senza indugio – dice – una strategia di fedeltà fiscale, senza cadere in forme persecutorie, basata su prevenzione e contrasto efficace per fare emergere gradualmente il sommerso, ampliando così la platea dei contribuenti». La lealtà fiscale, per la voce ufficiale del partito, viene quindi prima di tutto: «È una battaglia di giustizia e civiltà ma è anche la premessa di un nuovo rapporto leale e simmetrico tra lo Stato, i suoi contribuenti e le imprese».

Certo, non sono più i tempi del «le tasse sono bellissime» dell’ormai compianto professor Tommaso Padoa-Schioppa, ma comunque i rimproveri a Fassina sono arrivati lo stesso. Dopo Colaninno, ha parlato la segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso, che ha commentato in modo diretto le parole del viceministro piddino: «Non si può neanche definire solo una battuta infelice, è un drammatico errore politico», dice tranchant. «Ho accolto molto favorevolmente – ha poi detto la segretaria della Cgil – che il presidente del consiglio sia andato da Equitalia per portare solidarietà ai lavoratori ampiamente attaccati in questo periodo. Ritengo che sia positivo il messaggio contro l’evasione e la necessità di continuare una lotta senza quartiere contro di essa».

Fassina, comunque, ha anche detto ai commercianti che il governo intende «fermare l’aumento dell’Iva» (tema molto importante proprio per la categoria) e contemporaneamente rivedere l’Imu. «Lasciando l’Imu sulla prima casa sugli immobili “di maggior valore”, pari al “15%” del totale – ha spiegato – si possono recupere “2 miliardi per scongiurare l’aumento dell’Iva». Quindi, si potrebbe eliminare l’Imu prima casa per «l’85% delle famiglie» e destinare le risorse derivanti dal restante 15%, o per lo stop al rialzo Iva o «in interventi fiscali sui redditi più bassi, a sostegno dei consumi, o a sostegno della cassa integrazione in deroga».

Ma dal Pdl, che vorrebbe eliminata tutta l’Imu, è arrivato l’ennesimo stop: per Renato Brunetta Fassina dice «una bugia già ascoltata» e fa «una continua confusione delle carte».