A sei giorni dal voto delle amministrative lo stato maggiore di Sel, e cioè la vecchia Sinistra ecologia e libertà, si presenta a ranghi serrati per ribadire il proprio sostegno al candidato di Sinistra per Roma Stefano Fassina. Accanto lui ci sono Nicola Fratoianni e Paolo Cento: «In queste ore ci giochiamo la possibilità di andare al ballottaggio. E Sel è impegnata con tutte le sue forze». Il candidato ricambia: «Riconosco il valore del lavoro che Sel ha svolto nella scorsa sindacatura: Sel è il pilastro del cammino che stiamo facendo tutti insieme». Davanti a loro, nelle prime file della sala conferenze dell’Hotel Nazionale, a un passo da Montecitorio, si accalcano in tanti, dal vicepresidente della Regione Lazio Massimiliano Smeriglio all’ex capogruppo capitolino Gianluca Peciola, ai parlamentari Loredana De Petris e Filiberto Zaratti, al capogruppo alla camera Arturo Scotto.

Dovrebbe essere una non-notizia, quella di un candidato sostenuto dal partito che lo ha proposto. Ma le discussioni che nei giorni scorsi hanno attraversato quest’area hanno consigliato una nuova sottolineatura unitaria all’indirizzo dell’elettore della sinistra romana. Sel, partito in via di dismissione (il tesseramento è stato sospeso e deviato, almeno in teoria, su Sinistra italiana; il suo presidente Nichi Vendola ha fatto un passo indietro ed è fisicamente in un altro continente), è un marchio che in città ha un suo seguito; e sessantatremila voti allo scorso giro, nel 2013.

Fassina riconosce il valore e però spiega che in questi mesi di campagna elettorale, da novembre a oggi, ha cercato di riconquistare gli elettori delusi e decisi di non votare. Chiuderà la campagna venerdì 3 a Centocelle, in piazza delle Gardenie, periferia roman,a «un luogo simbolo della città che vorremmo mettere al centro». Al suo fianco ci sarà Fratoianni, il più alto in carica di Sel. Il giorno prima, il 2 giugno, in 150 piazze la lista Sinistra per Roma distribuirà la Costituzione, per celebrare la festa della Repubblica e per ricordare all’elettore che questa sinistra ora cerca di sconfiggere il renzismo nelle città e poi si batterà per il no al referendum costituzionale, a ottobre, la madre di tutte le battaglie.

Intanto però ci sono le amministrative. «Il centrosinistra conosciuto negli ultimi 25 anni è finito perché il governo Renzi ha scelto un’altra strada», spiega Fassina all’Ansa. E rimanda al mittente gli appelli al voto utile di provenienza dem: «Ero disponibile alla candidatura civica proposta da Tocci (senatore Pd, ndr), ma il Pd non ha voluto, lo ricordo a chi ora in difficoltà fa appelli all’unità», dunque «se siamo al pericolo che Roma finisca in mano alla destra la responsabilità è di chi ha mandato i consiglieri comunali Pd dal notaio assieme a quelli del centrodestra» per mandare a casa Ignazio Marino. Quanto ai 5 stelle «ci sono punti di contatto, ma anche punti di distanza. Raggi (la candidata, ndr) cammina su un filo di minimalismo ambiguo che mi porta a dubitare della loro affidabilità, al di là dei programmi» e tutto questo perché «M5S è attento a non perdere voti a destra».

Insomma, sul ballottaggio Fassina ha imparato a non sbilanciarsi. Gli viene in soccorso Fratoianni: «Perché i giornalisti non fanno la stessa domanda al Pd di Napoli? Se non andrà al ballottaggio voterà per De Magistris o per il centrodestra?».

Comunque vada, sembra scontato che Fassina non indicherà Giachetti. Nella sua area c’è chi la pensa diversamente – e non mancheranno le polemiche – ma lui tira dritto: con il Pd la storia è chiusa. Non solo in Italia, spiega: «Alcune categorie sono superate, è venuto ad esaurimento il secolo socialdemocratico. Non a caso nascono Podemos, Siryza oppure un vecchietto come Corbyn prende la guida del partito laburista britannico». Poi «c’è Sanders che quasi sconfigge la più grande macchina propagandistica del mondo. Le alleanze si definiscono sulla base dei programmi”, spiega, ma quella statunitense sarebbe davvero un’altra storia. Intanto c’è Roma. Stasera su Sky il confronto fra i candidati romani. Fassina ha fatto un esposto all’Agcom per essere stato escluso dal confronto di Canale 5 a «Domenica Live». I sondaggi lo danno dietro il gruppo di testa Raggi-Giachetti-Marchini. Lui non ci crede: «Prometto sorprese».