Ora anche a Roma debutta il partito della nazione, Berlusconi si schiera con Marchini per dare una mano a Giachetti, che in caso contrario non avrebbe chance di arrivare al ballottaggio. Non voglio dire che ci sia un patto formale di mutuo sostegno fra Marchini e Giachetti, anche se c’è chi lo dice, ma di fatto i due si aiutano. E si aiuteranno al secondo turno». È il segreto di pulcinella della corsa per il Campidoglio. Ma in ogni caso per Stefano Fassina «non cambia nulla», giura, «abbiamo un progetto autonomo», ripete da mesi. Cinquant’anni appena compiuti e festeggiati al quartiere popolare di San Lorenzo, tre figli, già viceministro di Letta poi bersaglio fisso di Renzi (indimenticabile il suo «Fassina chi?»), infine fuori dal Pd fra i fondatori di Sinistra italiana. E ora candidato sindaco di «Sinistra per Roma». Non ha dubbi: «Sono l’unico candidato di sinistra al Campidoglio». È in corsa a nome della «Meglio Roma» e sarebbe una pretesa se poi non la spiegasse subito con degli esempi. La «meglio Roma» è quella che propone Ilaria Cucchi a garante dei detenuti. Quella che difende il centro di accoglienza per migranti del centro Baobab. Quella di un programma dettagliato al millimetro con al centro la ristrutturazione del debito di Roma: «Si può fare perché consiste principalmente di un mutuo con Cassa Depositi e Prestiti sottoscritto a un tasso d’interesse del 5 per cento. Se non si liberano quelle risorse tutte le promesse che fanno i candidati, compreso le mie, sono chiacchiere». Poi zero consumo di suolo, trasporti, lavoro, periferie.

Per questo ha aperto il suo comitato elettorale a Torpignattara, un po’ fuori mano ma strategico «per respirare l’aria dei romani che non vivono al centro», riadattando con gusto e pochi soldi i locali di un negozio chiuso per crisi, uno dei tanti. Ieri posti in piedi e fila fuori per i cento e passa candidati per la presentazione ufficiale delle liste fra comune e municipi. Fassina non vuole perdere tempo con le evoluzioni dei suoi avversari né con quelle dei sondaggi che non lo danno nel gruppo di punta del 5 giugno. «Prometto sorprese. Metà dei romani per ora resterebbe a casa. Noi puntiamo su quella metà, cittadini che negli ultimi anni non sono andati a votare».

Per l’intanto però ringrazia i partiti e le associazioni che hanno reso possibile la sua candidatura: Sel, Prc e Pdci, Altra Europa, il civatiano Possibile e la sua Futuro a sinistra. Il miracolo che non c’è stato a Milano c’è stato a Roma: sinistra tutta insieme in un fronte comune. Nonostante qualche distanza di analisi sul passato e sul futuro. Acqua passata, se ne riparlerà? Probabile: lo spettro di un ballottaggio indigeribile aleggia all’orizzonte. All’inizio della sua corsa a Fassina era scappato detto che nello sventurato caso di sua esclusione «votare i 5 stelle non sarebbe un tabù». Oggi frena e pensa a passare il turno.

Anche perché la questione resta un punto delicato. Non solo fra i partiti. Per esempio il capolista della civica, Michele Dau, fondatore della Caritas al fianco di don Luigi Di Liegro, rubrica i grillini nell’«estremismo della protesta radicale». Nella lista si sono radunati volti di tante battaglie diverso, un presepe della sinistra senza partito: come l’ avvocata dell’associazione Orizzonti etici Rita Brandi; il cantautore Enrico Capuano, veterano della tammurriata rock e del palco del Primo Maggio; la signora Marianna Loi che strapppa un applauso in quanto nata a Ghilarza (è il paese dove Gramsci ha vissuto a lungo, in Sardegna), ma soprattutto è un ex ’esodata’ che ha conosciuto Fassina contestandolo per il voto del Pd alla Fornero («contestazione giusta», ammette lui). Altri due gli esodati in corsa: Pietro De Gennaro, ex Zecca dello stato, e Giuliano Colaci, ex Poste, entrambi graziati dalla legge di salvaguardia numero 8, ma ancora in lotta per quelli rimasti senza tutela. C’è anche Dario Vassallo, fratello di Angelo, sindaco pescatore di Pollica (Sa) sparato la sera del 5 settembre 2010 da mano ancora ignota.

Nel pacchetto di testa della lista ’politica’ Sinistra per Roma c’è Tiziana Perrone, giovane e bella ragazza in giubbotto di pelle rossa e tronchetto nero, due bambine e un anno di cassintegrazione al call center Almaviva di Roma, 8mila lavoratori in tutta Italia, 1700 a Roma, 3mila licenziamenti annunciati: «Sono sindacalista, non ho mai fatto politica, voglio dare il mio contributo da lavoratrice e da persona ’normale’ perché la politica parli alle persone come me». «La rappresentanza del lavoro prima di tutto», insiste Fassina.
Ma la testa di lista è un mosaico complesso le cui tessere alla fine sono andate a posto. Ci sono Gianluca Peciola e Gemma Azuni (entrambi Sel, rispettivamente ex capogruppo al comune ed ex consigliera), Fabio Alberti (militante del Prc e dell’Altra Europa ma soprattutto per vent’anni presidente dell’associazione ’Un Ponte per’); Floriana D’Elia (ex consigliera municipale del Pd entrata in Sinistra Italiana); e infine Sandro Medici, già giornalista del manifesto e già presidente di municipio, due mandati e molte iniziative gloriose nello zaino, allo scorso giro candidato sindaco di «Repubblica Romana». Scorrendo la lista tanti altri volti dell’impegno politico non necessariamente di partito. Fra gli altri: Maurizio Carrozzi, ultrà dell’apertura del «fronte mare» di Roma; Andrea Macarrone, attivista Lgbt, già presidente del circolo di cultura omosessuale Mario Mieli; Lisa Canitano, la ginecologa pioniera delle lotte delle donne.