Fassina, la sua assemblea (oggi al Teatro Palladium alle 10, a Roma, con Cofferati, Civati, Pastorino, Lastri e Gregori, ndr) cade alla vigilia del referendum greco, un giorno cruciale per l’Europa, non solo per la sinistra. Paura?

Il 5 luglio sarà una giornata storica. È in gioco il senso della democrazia in Europa. Non faccio previsioni, ma un dato è chiaro: Syriza e il governo Tsipras hanno rimesso in campo l’interesse nazionale di un paese periferico in un quadro dominato dalla Germania. L’obiettivo del Memorandum è evitare un governo scomodo, l’unico che ha alzato la testa per difendere il suo popolo a partire dai più deboli.

C’è un complotto contro Tsipras? È la tesi di Berlusconi per il quale nel 2011 ci fu complotto contro lui.

Ma no, nessun complotto. È l’effetto dell’ordine ’costituzionale’ tedesco dell’eurozona. Dove ormai è evidente che scontrano interessi nazionali e sociali. E non si può stare a guardare, si deve prendere posizione.

Il premier Renzi ha preso una posizione chiara: ha detto che è un derby euro-dracma, il contrario di quello che dice Tsipras. È la terza via italiana?

I partiti della famiglia socialista europea si sono uniti al coro dei conservatori. E Renzi è completamente schiacciato sulla Germania che difende il suo interesse nazionale. C’è il rischio che con il referendum si chiuda la funzione progressiva svolta dal socialismo europeo nel 900 che ha dato il welfare, i diritti, insomma ha dato sostanza alla democrazia.

Chi si schiera con il sì, e cioè i socialisti, vuole mandare a casa Tsipras. Lo ha detto chiaro Martin Schulz.

Ho letto con dolore quello che dice il compagno Schulz. Se vincesse il sì sarebbe evidente che la democrazia, la politica e la sinistra non hanno fiato nella camicia di forza liberista dell’euro. E che nell’eurozona non c’è alternativa alla svalutazione del lavoro, al rattrappimento delle classi medie e al collasso della partecipazione democratica. La democrazia diventa un rito per legittimare scelte compiute da altri e far sfogare gli spettatori frustrati e rabbiosi dei talk show.

Lei domenica sarà ad Atene al fianco di Tsipras. Il vicesegretario Pd Guerini dice: ’in questi voli charter c’è una compagnia eterogenea e populista’. La imbarazza stare in compagnia di Grillo?

No, perché sono stato a Atene e ho sostenuto Syriza prima delle elezioni. Stavolta è Grillo che viene dietro a noi.

Intanto lei fonda una forza politica?

No, non battezzeremo nessun contenitore. La nostra assemblea è l’avvio di un cammino nei territori che proseguirà fino a metà autunno per coinvolgere innanzitutto quella parte di popolo democratico abbandonata dal Pd. In autunno, con le energie raccolte, e con Sel, avvieremo un soggetto. Ho trovato disponibilità inattese. Mi ha fatto molto piacere che l’economista Mariana Mazzuccato abbia deciso di intervenire, in video perché non poteva essere a Roma. Riannodare il filo fra politica e cultura è decisivo per dare alla sinistra un progetto efficace. La disponibilità di tanti mi fa capire che c’è una domanda ed è solo nostra la responsabilità tradurla in una prospettiva di governo.

Altri usciranno dal Pd?

Innanzitutto ora si rende visibile la dimensione del movimento, della rottura già avvenuta. Facciamo sul serio, non puntiamo a rimettere insieme i cocci di quello che siamo stati, né a fare un partitino per assicurare un altro giro a ceto politico spiaggiato. La serietà della nostra proposta aiuterà a fare scelte difficili a chi ancora dubbi. Cui va comunque il nostro rispetto.

Avrete un problema di leadership?

Il problema si porrà, ma non è assillante. Tsipras è il primus inter pares di una classe dirigente di qualità. Così noi dobbiamo costruire una classe dirigente con una cultura politica condivisa. E niente scorciatoie: serve una forma di partito adeguata all’oggi. E quanto al leader, il modello dell’uomo della provvidenza serve solo a chi fa surfing sulle ondate demagogiche che assecondano le rivoluzioni passive.

Che vi succederà se vincerà il sì?

Avremmo perso una battaglia. La guerra à lunga, le forze in campo contro la democrazia e contro il lavoro sono potenti. Ma le battaglie giuste si fanno anche quando sono a rischio di sconfitta.

Avete un piano B?

Guardi, in caso di vittoria dei sì e di applicazione del Memorandum la situazione in Grecia peggiorerà, quindi la prospettiva del cambiamento progressivo diventerà ancora più rilevante.

Tsipras e Varoufakis non hanno sbagliato niente?

Può darsi che abbiano sbagliato qualche passaggio nella comunicazione. Ma il loro ’difetto’ vero è un altro: hanno provato a costruire una risposta alternativa per il loro popolo.

C’è chi sostiene che questo referendum nasca per riassestare gli equilibri interni a Syriza. È così?

Nel caso non sarebbe la ragione principale. No, Tsipras è consapevole che è in gioco il destino di un paese. E ha fatto la scelta di chi crede nella democrazia. Se avesse solo cercato un modo per firmare il memorandum, gli bastava poco: in parlamento c’è la fila per entrare in maggioranza.

Se vince il sì significa che i tentativi di riformale l’euro dall’interno vanno a sbattere?

Se vince il sì diventa difficile affermare che nella gabbia liberista dell’euro la sinistra ha una prospettiva. E sarà la riflessione che andrà approfondita.