Tira un’ariaccia nella sinistra romana che miracolosamente era riuscita a riunirsi sotto le insegne di «Sinistra per Roma» e alla guida di Stefano Fassina, l’ex deputato pd oggi passato nelle file di Sinistra italiana. Ieri sera il Tar del Lazio ha confermato l’esclusione del candidato dalla corsa elettorale. Non sono riammesse le sue due liste «Sinistra per Roma – Fassina sindaco», la lista ’politica’, e la «Civica per Fassina sindaco» erano state escluse dalla Commissione elettorale circondariale perché 670 firme su circa 1500 erano prive della data di autenticazione. I legali hanno esposto la loro tesi: il vizio formale sarebbe di fatto superato dalla circostanza che l’autenticatrice, la vicepresidente del Municipio IV, è entrata in carica successivamente allo scattare del periodo di 180 giorni precedente le elezioni prima del quale per legge non è possibile raccogliere le firme stesse. Durante l’udienza il dibattito è stato interessante. Ma alla fine i giudici hanno deciso di confermare la decisione della commissione elettorale.

Ma Fassina non molla. E così ieri dopo aver espresso l’ovvio «rammarico» per la sentenza contraria ha subito annunciato di essere pronto ad andare avanti. Con i ricorsi, per ora. «Non ci fermiamo qui. Siamo convinti delle nostre ragioni e ricorreremo al Consiglio di Stato». A stretto giro anche Nicola Fratoianni, coordinatore di Sel, si è schierato a fianco del collega: «Andiamo avanti».

E probabilmente il primo ricorso sarà depositato già stamattina. È una corsa contro il tempo, quella dei comitati e del team dei legali guidati dall’avvocato Pietro Adamo. Anche per non demotivare i militanti a continuare la mobilitazione.

C’è quindi un’ultima speranza di tornare in corsa. Ma è inutile nascondersi che, al di là delle probabilità di esito positivo del nuovo ricorso, il morale della sinistra romana si avvia a finire sotto le scarpe.

In questi giorni Fassina aveva continuato a fare iniziative elettorali e anche provato a tenere unita un’area ancora segnata da un inizio di campagna incerto, durante il quale proprio i suoi compagni di partito di Sinistra italiana-Sel avevano tentato di allargare la coalizione cercando altri nomi al posto di quello dell’ex viceministro. Massimo Bray, gradito a D’Alema; poi Ignazio Marino, il sindaco defenestrato dal Pd. Entrambi si erano defilati , e alla fine sul tenace Fassina bongré malgré è confluita tutta l’area della sinistra, anche quella che fa capo al vicepresidente della regione Lazio Massimiliano Smeriglio, già fautore del centrosinistra nel 2013 ed oggi, a coalizione morta e sepolta, polemico verso un posizionamento troppo «autosufficiente» della lista.

Al netto dell’attesa della prossima sentenza, difficile che la brutta botta della nuova esclusione non faccia riesplodere i conflitti interni che si erano ricomposti sulle liste unitarie. Anche perché in questi giorni sono circolati veleni sull’origine del clamoroso svarione alla base dell’esclusione. In rete c’è chi ipotizza complotti, trappoloni, per di più attribuiti di chi per favorire il Pd si sarebbe sacrificato fino all’autoeliminazione. Tutto, pur di non ammettere una verità assai più probabile: che il ko organizzativo è stato il riflesso di un’amalgama politica non riuscita. Va detto che fin qui nessun dirigente, di nessun’area della coalizione, ha azzardato a intestarsi queste teorie.

Ma, nel caso, sarà la scelta politica a incaricarsi di accendere pubblicamente le polveri sulla destinazione del tesoretto dei voti della sinistra. Martedì scorso Fassina ha promesso ai suoi candidati che, nella caso più brutto dell’esclusione, li riunirà per decidere insieme quale indicazione di voto dare. Sulla decisione pesa una vecchia dichiarazione di Fassina in cui non escludeva il voto ai 5 Stelle in caso di ballottaggio. I candidati, al momento dell’accettazione della corsa, si sono impegnati a rispettare la decisione della lista. Ma non è un mistero che un pezzo di Sinistra italiana, non solo romana, non ha alcuna intenzione di indicare Virginia Raggi nella scheda al secondo turno. Tanto meno al primo.