Sarà Stefano Fassina a seguire, a nome del governo, l’iter parlamentare della legge di stabilità, compreso il confronto con le parti sociali. Lo ha deciso ieri Enrico Letta, prendendo atto che il problema della «collegialità degli atti del governo» sollevato dal viceministro dell’economia all’indomani della presentazione della manovra da parte di Saccomanni, non è una frustrazione personale ma un problema sentito da buona parte del gruppo dirigente democratico, componenti del governo e non. Sono dunque rientrate ieri le dimissioni di Fassina, che da due giorni aspettavano, in forma di lettera, sulla scrivania del premier. L’incontro fra i due era previsto per lunedì, ma Letta ha accelerato i tempi del confronto – avvenuto ieri a casa del premier – per evitare che la frattura si approfondisse e innescasse i malumori nell’ala sinistra del Pd, che Fassina rappresenta.
Oltre le parole felpate filtrate da Palazzo Chigi (incontro «positivo»), Letta non è inconsapevole dei malumori che provoca lo stile di lavoro di Saccomanni e del suo entourage. Né che il ministro Dario Franceschini, ormai numero due di Letta, non possa rappresentare da solo il Pd, partito notoriamente articolato. Un problema che per il governo potrebbe diventare grosso. Il sì alla legge da parte del segretario del Pd Epifani, a cui Fassina è molto vicino, è sofferto e zeppo di richieste di emendamenti. Neanche a dirlo i due, Epifani e Fassina, sono anche molto vicini alla Cgil, nettamente insoddisfatta dalla manovra e in predicato di convocare uno sciopero. C’è di più: nella stagione di turbolenza, da destra ma anche da parte renziana, in cui sta per entrare l’esecutivo, le dimissioni di Fassina potevano essere un pessimo segnale per la famosa «stabilità». Infatti, dalla notizia delle possibili dimissioni, in molti si erano adoperati per abbassare la temperatura. «Chi governa deve trovare una sintesi, questo è il problema» aveva spiegato in mattinata il ministro Zanonato. Un problema di merito e di metodo: «La sintesi è quella che abbiamo presentato, all’interno di questa proposta è possibile avanzarne di nuove, ma che tengano conto di un quadro di equilibrio». Anche il collega del viceministro pd al ministero, Luigi Casero, ha fatto la sua parte: «Con Fassina si lavora bene, penso che la frattura possa essere ricomposta».
Tensioni rientrate? Per ora sì. Fassina si occuperà materialmente di scrivere e firmare gli emendamenti alla legge per parte governativa. Con l’invito a tutta la squadra a «superare i problemi di collegialità». Ora, dice il premier, «avanti pancia a terra».