«Raggi? È ambigua, si sente predestinata quindi afferma e poi corregge»; della sinistra invece «fidatevi, siamo una squadra che ha già dimostrato di tenerci», pazienza se i sondaggi dicono male, «sondano sempre la stessa parte mentre la gran parte dei romani non ha ancora deciso se votare». Ma di una cosa Stefano Fassina è sicuro: «Siamo già una comunità. Venerdì ero a Napoli con De Magistris, lunedì sarò a Torino con Airaudo. Siamo una rete di città che vuole sfidare le politiche insostenibili del governo Renzi. E dopo il 5 giugno continueremo a lottare». Il candidato di «Sinistra per Roma», per una volta emozionatissimo, apre ufficialmente la sua corsa per il Campidoglio nel giorno della scadenza dei termini di presentazione delle liste. C’è anche un brivido sui candidati ai municipi ma alla fine tutto va a posto. Al comizio al parco di piazza Re di Roma Fassina arriva dopo una marcialonga militante: la mattina alla manifestazione contro il gioco d’azzardo, poi a quella sull’Emergenza cultura, infine al corteo contro il Ttip (il trattato transatlantico di liberalizzazione commerciale). I suoi candidati sfilano al microfono. Fra gli altri ci sono la capolista Tiziana Perrone, fra i “licenziabili” del call center Almaviva; Michele Dau, fondatore della Caritas con don Di Liegro; Gianluca Peciola ex capogruppo di Sel al Campidoglio; Fabio Alberti fondatore di «Un Ponte per»; e Sandro Medici, tre volte presidente di municipio. Puntano a prendere voti, ma guardano anche più in là. E anche più in là dei ballottaggi, che pure saranno un momento delicato. «Se sceglierete di votare per il Pd non sarete avversari, ma miei nemici», dice con durezza Dario Vassallo, fratello di Angelo, il sindaco ambientalista di Pollica ucciso dalla criminalità. Fra i presenti molti la pensano come lui. E vedono in queste amministrative un primo passo. Spiega infatti Paolo Ferrero, segretario del Prc: «Su 23 capoluoghi di provincia abbiamo 16 liste unitarie. In circa 70 dei 157 comuni sopra i 15mila abitanti la sinistra va al voto unita. Insomma, quello che non sono state capaci di fare le segreterie dei partiti, lo faranno le amministrative».

L’idea circola parecchio. Così, nonostante la campagna elettorale, domani quattro candidati sindaci si sono dati appuntamento a Torino (alle 21, alle Officine Corsare Via Pallavicino 35) invitati da Giorgio Airaudo che in quella città sfida Piero Fassino. Fassina, Federico Martelloni (Bologna in Comune), Basilio Rizzo (Milano in Comune) e il padrone di casa Airaudo (Torino in Comune) discuteranno del «dopo». Manca Luigi De Magistris che però è dato a un passo dalla vittoria e quindi non si muove da Napoli. Oggetto della discussione, che sarà aperta dal sociologo Marco Revelli e moderata da Marco Imarisio del Corriere della sera, è «la condivisione di una progettualità comune a tutti i sindaci dell’alternativa», spiega Airaudo, «Illustreranno le loro esperienze e i loro progetti futuri: per la municipalità e per la sinistra italiana». L’ispirazione è quella delle municipalità spagnole come Barcellona e Madrid. Lì e qui «il municipalismo è non solo una forma di resistenza alle politiche nazionali e sovranazionali ma anche una proposta di governo d’alternativa. Le città sono il punto di partenza per un cambiamento. In questo incontro affronteremo gli aspetti più rilevanti a livello politico. Ma anche operativo», conclude Airaudo.

Insomma l’area variegata della sinistra che si è trovata quasi ovunque a convergere su candidati unitari (ma non a Milano e Bologna) ha «progetti che vanno oltre alle formazioni preesistenti della sinistra». Negli scorsi giorni sul manifesto Fassina si è spinto anche più avanti assicurando che la sua lista «Sinistra per Roma» è l’abbozzo di un partito: «Ci lavoriamo dopo il voto».

Come a dire che dopo giugno ci sarà un nuovo passo unitario. Oltre Sinistra italiana, la formazione di cui è fondatore insieme (fra gli altri) al gruppo dirigente di Sel. Alla quale però non aveva aderito né il Prc né l’Altra Europa (invece l’hanno fatto i due senatori ex grillini che hanno fatto nascere l’omonimo gruppo al senato).

Prima però c’è il voto nelle città, che sarà anche un test sul progetto unitario «municipalista». E dopo ci sarà il voto dei ballottaggi. Un altro test, ma questa volta di unità dell’area: perché in alcune città si potrebbe porre la scelta fra un sindaco a 5 stelle e uno del Pd (Torino, forse Roma).