In Francia la vita riprenderà dall’11 maggio, ma progressivamente, on estrema prudenza e in modo differenziato per settori economici e nei territori, ma a una condizione: che di qui a questa data un eventuale lassismo nel rispetto delle regole del confinamento non faccia di nuovo crescere il numero degli infettati e dei ricoverati (ora in calo).

Il primo ministro, Edouard Philippe, ha precisato ieri la tabella di marcia di fronte all’Assemblée nationale, dove erano presenti solo 75 deputati su 577 (per rispettare le regole della distanza fisica), dopo un confinamento che dura dal 27 marzo, che è stato «una tappa necessaria», «uno strumento efficace», ma che se dura «troppo a lungo» avrà «effetti deleteri» e può causare «un crollo ben più terribile», economico, sociale, psicologico.

La Francia dovrà comunque abituarsi a «vivere con il virus» e il parlamento voterà per il prolungamento, almeno fino al 23 luglio, dello stato d’emergenza sanitario. Una prima fase del deconfinamento durerà dall’11 maggio al 2 giugno. Il corollario è l’aumento dei test virologici a 700mila al giorno e l’organizzazione dell’isolamento degli infetti per spezzare le catene di contagio. Per chiudere la polemica sulle mascherine, che ha avvelenato gli ultimi due mesi, Philippe ha assicurato che ce ne saranno per tutti. Ieri, c’è stato un voto (consultivo) del parlamento sull’insieme del programma. Per il tracking, invece, con l’applicazione Stop-Covid che sta sollevando molti timori e polemiche, ci sarà a breve un altro voto al parlamento.

Scuola: la riapertura è «necessaria» per una questione di giustizia sociale. Riaprono per prime le materne, le elementari e i nidi, ma solo «su base volontaria» (ma i sindacati degli insegnanti affermano che non sono pronti), maschere per i maestri ma non per i bambini. Dal 18 maggio, ma solo nelle regioni dove la circolazione del virus è bassa, riapriranno le medie (i primi due anni, 15 allievi per classe al massimo), per i licei la decisione verrà presa a fine maggio per il mese di giugno. Economia: il telelavoro continua quando è possibile per almeno 3 settimane dopo l’11, ci sono le «guide» per settore per la protezione dei lavoratori, la cassa integrazione continua fino al 1° giugno, poi ci sarà un adattamento progressivo.

I negozi riaprono, con regole da rispettare, mentre per bar e ristoranti la decisione è rimandata a fine mese (anche per le vacanze d’estate). I mercati dovrebbero essere autorizzati, con eccezioni, mentre restano chiusi i grandi centri commerciali (più di 40mila mq) lontani dal centro.

Trasporti: l’offerta sarà massimizzata, ma bisognerà far calare la frequentazione, con orari differenziati sul lavoro e un’organizzazione dei flussi, un sedile su due libero nel métro, le mascherine saranno obbligatorie anche sui taxi. Prenotazione obbligatoria per i treni inter-regionali. Vita sociale: dopo due mesi, sparisce l’autocertificazione per spostamenti entro i 100 km.

Parchi e giardini saranno riaperti solo nelle zone dove il virus ha una bassa circolazione. Le spiagge restano chiuse fino al 1° giugno, lo sport proibito nei luoghi chiusi e per attività di gruppo. Aprono l’11 mediateche, biblioteche e piccoli musei, mentre per i grandi musei, i cinema e i teatri si dovrà aspettare. I festival sono rimandati a settembre, come il calcio. Chiese, templi, sinagoghe e moschee aprono, ma senza cerimonie fino al 2 giugno. Al massimo 20 persone per i funerali, niente matrimoni. C’è un limite a dieci persone per gli incontri, pubblici e privati.

«Un regime di libertà – ha precisato Philippe – con eccezioni, contiamo sul civismo». La Francia, stato centralizzato, tende la mano agli enti locali, a cominciare dai sindaci, che collaboreranno con il prefetto per le decisioni sui territori. Politicamente è anche un tentativo di attenuare le polemiche dell’opposizione, che ieri si sono fatte sentire in aula. Al voto, contestato anche nella forma perché ha seguito il discorso del primo ministro senza lasciare il tempo ai gruppi di studiare il programma della fine del confinamento, l’opposizione si è divisa tra voto contro (France Insoumise, Rassemblement national) e astensione (Républicains).