Londra rappresenta da sempre un forte richiamo per i giovani italiani. E lo è stata anche per Maria Chiara Argirò, giovane pianista e tastierista romana che a Londra ha trovato la sua dimensione come musicista a tutto tondo. Dagli studi classici è passata al jazz ma al contempo ha sviluppato una passione per il rock, il pop e la musica elettronica, passione che ha riversato in un ottimo disco, Forest City (Innovative Leisure), il terzo da solista e il primo in cui, oltre ad abbandonare le sonorità jazz, si cimenta anche con il canto. Di questo e molto altro abbiamo avuto modo di parlare in una lunga e piacevole chiacchierata, partendo proprio dagli inizi, a Roma: «Ho iniziato a studiare piano classico intorno agli 8-9 anni per poi innamorarmi del jazz verso i 12 e insieme al jazz anche del folk e del British rock, dai Beatles ai Pink Floyd. Sono sempre stata una studiosa del linguaggio jazzistico e questo mi ha portato a un certo punto a concentrarmi su questo genere in modo profondo, ma dentro di me sentivo di aver bisogno anche di altro, la mia curiosità verso la musica è totale. È stato un percorso non lineare, variegato, dai primi passi classici al jazz e poi la passione per il rock, l’art rock, quindi anche il prog rock, addirittura quando ero ancora a Roma ho preso una triennale in etnomusicologia. Da ragazza andavo spesso in un negozio a Roma, si chiamava Darkstar a comprare dischi di jazz e venivo guardata in modo strano. Volevo imparare il più possibile ma è quando sono arrivata qui che ho capito che potevo fare della musica un mestiere».
Un percorso che l’ha portata finalmente nella città perfetta per sviluppare e dare sfogo a una passione facendone un lavoro a tutti gli effetti. «In realtà la mia idea – continua Maria Chiara – era di venire qui a studiare e fermarmi un anno, ma poi ho capito che qui la musica è possibile, in tutti i sensi, e alla fine è successo che mi sono fermata e ormai sono qui da più di undici anni. A Londra ci sono tanti input musicali e quindi pian piano, mentre studiavo a un conservatorio di jazz, ho sviluppato più interessi, tra cui quello per la musica elettronica». Elemento questo che caratterizza il suo ultimo lavoro, Forest City, in cui spicca anche una non celata passione per i Radiohead: «Vero – ammette l’artista romana – ma chiaramente quando scrivo la mia musica non è che mi riproponga di fare un pezzo “alla Radiohead”, il fatto è che li ho ascoltati talmente tanto che fanno parte della mia essenza musicale, sono una delle band più interessanti degli ultimi trent’anni, una band che si è sempre evoluta, e questa per me è una cosa fondamentale, non fermarsi mai a quello che uno conosce e mastica di più. E così è successo per questo album, mi sono detta, “ok, resettiamo un po’ di cose”, non voglio essere etichettata come “female jazz player”. In questo disco ci sono influenze Radiohead ma anche elettronica concreta, ricercata… non saprei dire, ma il tutto, ripeto, esce in maniera non cosciente, deriva semplicemente dall’aver assorbito gli ascolti di una vita. Un po’ come nel jazz, dove mi ritrovo a suonare accordi che provengono da quello che ho studiato per tantissimi anni, ma non è che sto lì a pensare “adesso faccio questa cosa qui perché è cool, è modaiola”, no, la faccio, la suono perché è dentro di me, non ci posso fare niente».
Il disco è stato accolto favorevolmente dalla critica tanto che Maria Chiara è stata invitata a suonare quest’anno a festival di rilevanza internazionale come Glastonbury o Montreux Jazz, ma anche in Italia: «La chiave è aprirsi, ma anche esporsi, ed è quello che forse sta succedendo con Forest City. Inaspettatamente sono stata chiamata per alcune date live in Italia, forse perché il disco ha delle sonorità che riescono ad aprire un ponte e mi fa accedere in qualche maniera all’ascolto di un pubblico italiano. È stato davvero sorprendente, anche per quelli della mia etichetta, la Innovative Leisure, visto che non abbiamo praticamente fatto promozione. Sta accadendo tutto in modo naturale, senza forzature, di nessun genere, e la cosa mi piace molto».
Dopo aver suonato il 10 agosto scorso al Locus Festival e l’11 in Basilicata, Maria Chiara Argirò porterà il suo Forest City il 4 settembre a Cella Monte, nel Monferrato, per il Jazz:Re:Found, il 5 a Terracina per Tracce di Jazz e il 9 settembre in Sicilia per un festival organizzato da Gilles Peterson, il Ricci Weekender, vicino Catania. E dalle località appare chiaro come non ci siano le grandi città: «Per assurdo, se vuoi, ma nei posti piccoli c’è più attenzione – afferma la pianista -. In Sicilia, per esempio, c’è gente molto informata su quello che succede nel resto d’Europa, più volte sono stata lì e più volte sapevano…».
Per lei non è però una novità trovarsi davanti a un pubblico, visto che è stata spesso in tour con uno dei gruppi più apprezzati della scena alternative inglese degli ultimi due decenni, i These New Puritans: «Ho iniziato a collaborare con loro al terzo album e ultimamente ho registrato delle cose per il disco su cui stanno lavorando e che uscirà credo a breve. È stata un’esperienza formativa, girare il mondo con loro, una cosa che mi ha cambiato la vita, mi ha fatto capire che potevo vivere di musica, di ciò che amo. Ho iniziato a suonare con loro il giorno dopo essermi laureata al conservatorio, mentre i miei amici festeggiavano la fine degli studi io partivo per andare in tour in giro per il mondo… E proprio quel tour mi ha dato lo stimolo per iniziare a scrivere la mia musica. Da loro ho imparato molto, mi hanno anche insegnato come rendere accessibili cose “complesse” ad un pubblico di qualche migliaio di persone».
Un esempio, quello di Maria Chiara Argirò, che potrebbe dare speranza a qualche giovane musicista nostrano intenzionato a ricalcarne le orme: «La cosa più importante in questo paese – ci dice – è la professionalità. Se sei una persona disponibile, tranquilla, alla fine lavori e non hai particolari problemi. Certo la fatica c’è, io ad esempio in questi dieci anni non mi sono mai fermata, ho sempre dovuto guardare avanti e migliorare, ma quando qualche giovane musicista italiano mi scrive per avere consigli su come fare per venire qui a suonare, io dico sempre che la cosa più importante è lasciarsi andare, divertirsi, non forzare troppo le cose. Però è importante anche muoversi, non pensare di aspettare in casa una chiamata, che tanto non arriverà mai perché qui non funziona così. Inserirmi in questo ambiente per me non è stato difficile, ci sono finita per affinità di gusti musicali. Dipende anche dalla personalità certo, ma ciò che mi ha agevolato è stato il fatto di aver studiato qui, al conservatorio ho stretto contatti con quelli che sarebbero diventati i futuri musicisti della scena jazz inglese, e così ho iniziato a far parte di alcuni gruppi, come quello della trombonista Rosie Turnton o di altri musicisti della scuderia della Brownswood Records (quella di Gilles Peterson, ndr), ho iniziato a suonare e a registrare molto con questi artisti. Ah, ho suonato anche con la prima band di Nubya Garcia, insomma tutta gente che faceva parte del mio “giro”, diciamo così. Ovviamente non posso sapere se venissi considerata come “l’italiana”, so solo che in qualche modo gli piaceva quello che facevo ed è stato tutto molto naturale, perché qui in Inghilterra si tratta anche molto di buttarsi, ma senza forzare le cose».

LA BIOGRAFIA
Romana trapiantata a Londra da oltre dieci anni, Maria Chiara Argirò – pianista, tastierista, compositrice e cantante – vanta un persorso artistico variegato e non lineare. Dagli studi classici si innamora del jazz intorno ai 12 anni, genere a cui si dedica in maniera quasi esclusiva per alcuni anni, sviluppando al contempo una forte passione verso l’art rock e la musica elettronica. Tra le sue maggiori influenze si possono ritrovare artisti come Miles Davis e Thelonious Monk ma anche, in ambito rock e pop, Björk e Radiohead. Ha all’attivo tre dischi a suo nome, The Fall Dance, Hidden Seas, entrambi dalle sonorità jazz contemporaneo, e il recente Forest City, dove spicca un registro elettronico e in cui per la prima volta si cimenta anche come vocalist. Di grande rilievo anche alcune sue collaborazioni, su tutte quella con la band inglese These New Puritans, oltre a quelle in ambito Uk Jazz con i Kinkajous, Nubya Garcia, Rosie Turnton o Jamie Lemming.