Secondo la scienza ufficiale, una vera e propria terapia domiciliare contro il Covid-19 non esiste. Ma un nutrito comitato di cittadini, ex-pazienti e medici di base ritiene che molte persone potevano essere salvate utilizzando per tempo i farmaci giusti. Si sono dati il nome di Unione per le Cure, i Diritti e le Libertà, e rappresentano il “braccio politico” del Comitato Cura Domiciliare Covid, un gruppo di medici e volontari che dal 2020 supporta i malati di Covid.

Ieri, diverse centinaia di loro si sono date appuntamento al ministero della salute per presentare al ministro Speranza la petizione sostenuta da trentamila firme che chiede al governo di rivedere le linee guida per la cura domiciliare del Covid-19. Li guida un infaticabile avvocato napoletano, Erich Grimaldi, candidato in una lista centrista alle elezioni comunali del 2001 (7 voti) e noto per le battaglie legali al fianco dei tifosi del Napoli. Le firme avrebbero potuto essere anche più numerose visto che su Facebook, dove il Comitato è nato e continua ad operare smistando medici e pazienti, gli iscritti al gruppo di riferimento “terapiadomiciliarecovid19 in ogni regione” sono oltre mezzo milione. «Le cure ci sono», «Speranza, scendi o dimettiti», «Libertà, libertà» gli slogan più gettonati. Si fa vedere anche Giorgia Meloni per la consueta passerella (qualcuno la fischia). Spuntano cartelli contro l’obbligo vaccinale: se le cure ci sono diventa superfluo? «Non chiamateci no vax», implora un medico sceso dal Veneto. «Vaccini e terapie domiciliari si completano».

Attualmente, il protocollo ministeriale prevede che nella prima fase della malattia il malato sintomatico riceva solo paracetamolo e anti-infiammatori non steroidei e rimanga in “vigile attesa” dell’evoluzione della malattia. Il Comitato, alla luce dell’esperienza accumulata, ritiene che altri farmaci, largamente disponibili e a basso costo, prevengano l’esito più infausto del Covid. «Si tratta di un protocollo mirato e individualizzato – spiega uno dei membri del comitato giunto a Roma – che richiede un contatto tra medico e paziente», ciò che effettivamente è mancato per gran parte della pandemia. Nessuno dei presenti però è disposto a rivelare la cura alternativa.

Non è un problema di copyright: «se diffondessimo i farmaci usati, i malati potrebbero procurarseli da soli e assumerli senza un supporto medico, è pericoloso». «Dove c’è amore non c’è il virus», tuonano all’improvviso dall’avanguardia della manifestazione, invitando a mantenere il distanziamento. «Il sole disinfetta» risponde la piazza quasi ustionata: saranno sole e amore gli ingredienti segreti? «Il professor Remuzzi, all’Istituto “Mario Negri”, ha sperimentato un protocollo simile al nostro», spiegano i manifestanti riferendosi a uno studio sull’effetto di cortisone e anti-infiammatori nelle prime fasi della malattia. «Ma su solo 90 pazienti non ha grande significato», riconoscono. Tra i farmaci utilizzati qualcuno si lascia scappare anche ivermectina, colchicina, idrossiclorochina, perfino l’Aulin.

Ma se la cura c’è, non basterebbe uno studio scientifico più ampio per dimostrarlo? L’Oms lo ha fatto, coinvolgendo decine di migliaia di pazienti senza trovare cure domiciliari davvero efficaci. «Non si possono fare studi randomizzati in piena emergenza, dando magari un placebo a chi ha bisogno di cure» ribattono i militanti. Non sarà dunque il metodo scientifico a dar loro ragione. La battaglia è destinata a prolungarsi sul piano politico. La richiesta del comitato è di inserire propri esponenti nelle commissioni che al ministero elaborano le linee guida per i medici. Il sottosegretario Sileri aveva già dato loro un ok di massima. Ma non aveva consultato il ministro Speranza né il direttore della prevenzione Gianni Rezza e ha dovuto rimangiarsi la promessa. Alla fine, il ministro si nega e a incontrare il Comitato ci manda qualche dirigente. «Torneremo la prossima settimana – festeggia Grimaldi all’uscita – mi auguro per avviare finalmente la collaborazione tra il Dipartimento di Prevenzione e i medici del Comitato, fino ad oggi impedita senza una comprensibile ragione». Missione compiuta, ma la scienza è un’altra cosa.