Che avremmo avuto a che fare con un’ondata di populismo era stato previsto. Che essa avrebbe avuto queste dimensioni e prodotto una fibrillazione tale da scuotere gli equilibri istituzionali no. Cosa ha determinato questa esplosione?

Sapevamo anche che ai paesi fortemente indebitati non sarebbe stato consentito nemmeno di accennare a politiche espansive e soprattutto ad un paese forte e simbolico come l’Italia. Ma perché allora spread e dichiarazioni di fuoco non si sono scatenati immediatamente all’indomani del voto e hanno atteso che si concretizzasse l’alleanza di governo tra i due populismi toccando l’apice addirittura quando è stata affacciata una candidatura ministeriale ritenuta pericolosa?

Ci sono state letture complottiste sulle prime uscite della stampa americana e sulla sintonia con le prime fughe di notizie sulle bozze di programma di governo. Non ho competenze ed elementi per esprimermi su queste tesi. Penso possa essere più utile cercare una spiegazione più politica. L’ipotesi che i due populismi vincitori potessero allearsi sembrava all’inizio improbabile. Ma col passare dei giorni non solo essa è apparsa possibile (naturalmente qualche esperto di gufi l’ha sollecitata e incentivata), ma essa si è consolidata con un processo nuovo e potenzialmente dirompente: la costruzione di un programma di governo realizzata non con la procedura tradizionale del compromesso come mediazione tra le posizioni diverse – cosa che normalmente attenua quelle più estreme – ma, al contrario, accantonando alcuni punti controversi minori – per accogliere quelli più forti e identitari di ciascuno dei due soggetti politici. Statisticamente si è così ottenuto un risultato che invece che la media tra gli estremi, ha generato un assemblaggio che contiene il massimo di variabilità e che oscilla da una riduzione delle entrate ad un aumento delle spese. Insomma un programma che nessun partito da solo avrebbe mai varato per evidente irrealizzabilità . Quindi una miscela esplosiva per i conti e per i vincoli europei con accanto un cerino acceso come la candidatura di un europeista critico.

La situazione è in continua e nevrotica evoluzione e contiene, perciò, il rischio di restare impigliati nella rete del quotidiano e della cronaca.

Ma proprio in momenti così difficili dovremmo cercare di cogliere le tendenze in atto e di incunearci nelle contraddizioni per contrastare i grandi rischi che abbiamo davanti. Comunque evolverà la vicenda governativa mi sembra si possano individuare alcune tendenze indiscutibili.

La situazione politica oscillerà intorno a una lunga instabilità politica. Non è da escludere che in questo clima la difficoltà a rispondere alle speranze suscitate possa creare condizioni favorevoli a una parallela instabilità sociale.
La destra leghista ha il vento in poppa ed essendo oggi sottorappresentata in parlamento rispetto ai consensi crescenti accentuerà i toni ed accrescerà l’instabilità.

L’opposizione nelle sue diverse sfumature sarà spinta da questo clima a schierarsi a difesa della stabilità e delle istituzioni nazionali ed europee. Le ragioni non sono da disprezzare o sottovalutare né è da escludere che se alla truculenza dei toni salviniani dovessero seguire azioni conseguenti una vasta unità politica e popolare possa rendersi necessaria. Ma oggi non siamo a quel punto e per non arrivarci la sinistra deve fare politica e ritrovare la bussola smarrita per orientarsi nei nuovi territori. L’attenzione va allora concentrata molto sul M5S e sul suo popolo. E’ chiaro che nel passaggio dalle parole del contratto alle scelte legislative ed attuative esso sarà trainato a destra e che questo potrà far emerge la contraddizione insita nella natura di quel movimento. Così come la contraddizione tra le attese suscitate nel sud e le risposte compatibili con le risposte da dare al nord.

Possibile pensare, se questi saranno gli scenari, ad una sinistra che riesca a distinguere tra Lega e M5S? Che sappia incalzare il movimento e ritessere un filo col suo popolo? La risposta pronta non c’è. Ci sarà un lungo processo di rielaborazione teorica e pratica, di costruzione della politica e delle sedi di espressione e coagulazione sociale. Ci sarà, insomma, da ritrovare e costruire la politica con la P maiuscola. Certo possiamo sembrare dei pazzi a pensare questo nei giorni che stiamo vivendo. Più facile pensare alle formule facili del fronte popolare e del tutti insieme contro i barbari. Finora con questi argomenti la sinistra è stata relegata in panchina e ridotta come una scimmia in gabbia a sgranocchiare. Perlomeno facciamoci qualche domanda.