Non so se qualcuno ha già cominciato a sognare di scorrazzare dentro supermercati stracolmi di merce senza dover fare code, oppure di essere inseguito fra gli scaffali da un poliziotto che ci chiede il modulo autocertificante. Certo è che l’idea di fare la spesa sta cominciando a creare disturbi impensabili fino a un mese fa fra cui ansia, paranoia, frustrazione e insonnia.

Sì, insonnia, perché ci sono persone che per non dover fare ore di attesa e poter trovare ogni cosa puntano la sveglia alle 5.

La grande differenza la fa lo stato di famiglia perché un conto è essere da soli o in coppia, un altro è dover dar da mangiare tre volte al giorno ai figli. Chi ha sfamato degli adolescenti, per esempio, sa bene che non fanno in tempo a finire di masticare che ti chiedono: «C’è qualcosa di buono da mangiare?». Ci sono famiglie di quattro persone che in tre giorni di quarantena finiscono quello che prima bastava per una settimana. Qui i casi sono due: o i ragazzi prima avevano una vita segreta, cibariamente parlando, o ora si sfogano sul frigorifero.

Approvvigionarsi di alimenti è diventato un percorso a ostacoli. Bisogna prepararsi psicologicamente a ore di fila, attrezzarsi con maschere e guanti, portare chili di roba perché mica puoi fare tutto questo cinema ogni due giorni.

Infine, bisogna affrontare la frustrazione più grande, non trovare quello che cerchi. Al primo posto degli ingredienti scomparsi c’è il lievito. Risultato: da una parte ci si passa la ricetta per produrre da soli il lievito madre (che per molti equivale ad affrontare un bordello pazzesco), dall’altra c’è chi segnala il super che ancora ne dispone come se confidasse il contatto del miglior pusher su piazza. Altra categoria scarseggiante sono le uova che, oltre a poter essere cotte in sei o sette modi, sono veloci da preparare e servono a fare un sacco di cose, torte, frittate, omelette, zabaioni, carbonara.

Chi ha preso d’assalto i supermercati all’inizio dell’emergenza, ora se la ride per le scorte abbondanti, anche se per riuscirci ha dovuto ammucchiarsi fra scaffali e carrelli, con evidenti rischi di iper contagio e sprezzo del pericolo al grido di «O la spesa o la vita».