Un anno di trattative e 15 cicli di negoziato. Il processo di pace tra il governo colombiano di Manuel Santos e la guerriglia marxista delle Forze armate rivoluzionarie (Farc) è iniziato il 18 ottobre del 2012 nella città di Hurdal, nei dintorni della capitale Oslo, in Norvegia. In quel primo incontro,e prima di trasferire il dialogo all’Avana con la mediazione del Venezuela, le due parti hanno stabilito un’agenda di discussione in cinque punti: sviluppo agrario, partecipazione politica, fine del conflitto e smobilitazione, soluzione al problema delle droghe illecite e riparazione delle vittime. In seguito, Santos ha fatto in modo di inserire un sesto e controverso punto per sottoporre a verifica e a referendum gli accordi finali. Finora, è stato raggiunta l’intesa solo sul tema agrario, principale origine del conflitto che – nell’assenza di veri spazi politici per l’opposizione fin dal ’48 – ha portato, nel 1964, alla creazione delle Farc, la principale guerriglia del paese. La Colombia è il paese con il più alto numero di rifugiati interni, soprattutto piccoli contadini e indigeni scacciati dalle proprie terre (6,5 milioni di ettari) da latifondisti e paramilitari: una media di quasi 800 a giorno. A Cuba, le parti hanno firmato un documento che le impegna a continuare il dialogo fino al raggiungimento di un accordo «sensato e concreto» per la pace. Domenica, si è concluso un altro ciclo delle trattative, per la prima volta senza un comunicato congiunto: non c’è stato accordo sul tema della partecipazione politica dei guerriglieri. Per questo, si riprenderà a discutere dello stesso argomento mercoledì 23. Le Farc chiedono anche che alle trattative partecipi Simon Trinidad, un dirigente in carcere negli Stati uniti dal 2004.
Sullo sfondo, le elezioni del 2014, le legislative a marzo e le presidenziali a maggio, prima delle quali Santos vuole portare a casa un risultato e avere una ricaduta d’immagine. Le Farc si sono dette disponibili a sospendere il processo di dialogo durante le votazioni, «ma non in modo unilaterale». Anche l’Esercito di liberazione nazionale (Eln), la seconda guerriglia di estrema sinistra, che conta circa 2500 effettivi contro i circa 10.000 delle Farc, ha dichiarato la propria disponibilità al dialogo. E Santos ha accettato. Finora, però, non ci sono stati veri passi concreti, a parte la liberazione di un prigioniero canadese come gesto di buona volontà da parte dell’Eln. Chi invece quasi sicuramente non potrà candidarsi alle presidenziali come avrebbe voluto un sostanzioso arco di forze a sinistra, è l’ex senatrice colombiana Piedad Cordoba, grande mediatrice nel conflitto. La Corte costituzionale ha confermato l’interdizione per 18 anni dall’attività parlamentare, impostale proprio per i contatti avuti con le Farc durante la liberazione di alcuni prigionieri di guerra per cui si era adoperata. Cordoba ha comunque fatto appello.