Come in un meccanismo a spirale in grado di avvolgere sempre più strettamente chi compia l’atto della ricerca fino a fargli perdere la consapevolezza del confine tra sé e ciò che sta osservando, anche il nuovo romanzo di Roberto Cotroneo, Loro (Neri Pozza, pp. 192, euro 17,00) sembra cimentarsi con il Nietzsche di Al di là del bene e del male che ammoniva: «Quando scruterai a lungo in un abisso, anche l’abisso scruterà dentro di te».

È QUESTA LA SORTE che tocca a Margherita, la giovane donna chiamata a fungere da istitutrice per Lavinia e Lucrezia, le due gemelline della famiglia dell’aristocrazia romana degli Ordelaffi. Fin da quando giunge nella loro villa alle porte della Capitale, dove le pareti sono fatte di vetri, pronti a trasformarsi in specchi o in «dipinti metafisici» all’imbrunire, la ragazza si trova a nutrire ad un tempo un sentimento fatto di fascino e timore.

COME CI RACCONTA il suo diario che scandisce le tappe della vicenda, sarà sedotta e terrorizzata da quel luogo dove attraverso un oblò si «poteva vedere la cupola di San Pietro (…) come il pezzo di un presepe», ma dove penserà di aver scrutato le tenebre più profonde, di aver avuto accesso ad un mondo oscuro, parallelo e antecedente a quello degli umani, in qualche modo eterno e dotato di vita propria.

In un bosco celato nel parco della villa sorge un tempietto dedicato a Ècate, la dea greca della magia che regnava sui demoni, la notte, i fantasmi, i morti. E dalle vetrate di ogni stanza della casa è facile scorgere le presenze che popolano quella realtà sospesa, isolata da tutto e da tutti, l’hortus conclusus in cui si muovono le gemelle e la loro famiglia: sono le ombre di quanti vivevano prima in quel luogo, i fantasmi di un eccentrico musicista e di suo figlio periti tragicamente. Irrompono nella vita quotidiana dei personaggi anche dotando una delle gemelle di un’abilità al pianoforte, occasionale quanto sorprendente, che sconcerta la stessa Margherita, fresca di Conservatorio.

Ma quanto apprendiamo pagina dopo pagina in un crescendo drammatico e inquietante potrebbe anche essere frutto della fantasia della protagonista, della sua incapacità di misurarsi con la realtà, della sua mente malata. Solo l’epilogo del romanzo ci dirà da quale lato della vicenda attingere alla ricerca di una verità possibile o anche solo plausibile.

COSTRUITO come una storia di fantasmi, un romanzo gotico che cala però nel presente le atmosfere di un’altra epoca – solo per dire, la dimora degli Ordelaffi, degna della «casa degli Usher» di Edgar Allan Poe, è stata progettata dall’archistar olandese Rem Koolhaas – Loro si muove lungo il confine tra l’indagine narrativa sulla verità e l’eco di suggestioni letterarie, più o meno esplicite. Elementi che sembrano suggerire un altro piano narrativo, quasi un itinerario alla scoperta di come le tracce di storie già narrate ne possano costituire una di completamente nuova, non un puro divertissement ma un’esplorazione affascinante capace di conquistare il lettore.

Sullo sfondo i rimandi al Giro di vite di Henry James, come alle opere di Robert Louis Stevenson. Allo stesso modo, Loro torna però almeno in parte su temi e atmosfere cari all’autore, basti pensare a Presto con fuoco, il romanzo dedicato a Arturo Benedetti Michelangeli e ad una partitura segreta di Chopin (La nave di Teseo) o a Betty, un giallo raccontato in prima persona da Georges Simenon e che vede come protagonista una donna misteriosa ossessionata dai romanzi del grande scrittore belga (Bompiani).

MENTRE I PIANI si confondono, i personaggi assumono la voce dei loro creatori, il reale e l’immaginario si fanno sempre più prossimi, resta il monito di Margherita incerta se dare credito a ciò vede intorno a sé o rifugiarsi nei fantasmi della propria coscienza: «Oggi so quanto il soprannaturale si faccia strada nelle nostre esistenze in una maniera sghemba, ambigua. Quanto prediliga le vie indirette, quanto sia magistrale la sua capacità di gestire la nostra oscurità, quanto sia capace di destabilizzarci».