L’immensità spaventa, poichè non c’è solo meraviglia in ciò che è relativamente infinito ma noia, vuoto e ripetizione; il terrore di andare laddove mai nessun uomo è giunto prima e trovarvi un modello banalmente variato di qualcosa di già conosciuto. Con i suoi 18 miliardi di pianeti generati in maniera procedurale da un logaritmo, No Man’s Sky può quindi causare fastidio e tedio smisurato sin dalle prime ore di gioco, tanto da indurre molti giocatori ad abbandonarlo, vituperarlo sui social network, chiedere risarcimenti per la delusione. Ma No Man’s Sky non è un gioco per tutti, non lo è mai stato fino dalle sue lontane premesse, è un piccolo, enorme videogioco indipendente uscito per Playstation 4 e PC dopo anni di sviluppo che ha avuto la sfortuna di subire una campagna pubblicitaria sproporzionata alla sua natura, a tratti fuorviante. Quindi è comprensibile come da moltissimi questa galattica invenzione di Sean Murray e Hello Games non sia stata amata e abbia generato ondate di disprezzo tali da poterla affossare sul nascere per precipitarla nel buco nero dell’oblio. Tuttavia non è andata così, fortunatamente, anche se viviamo su un pianeta dove molti si sono indignati per il fatto che un film filippino di quattro ore, del quale non ricordano neanche il nome dell’autore, possa essere stato premiato a Venezia. Tra il clamore della fiammante protesta per le aspettative frustrate, vaghe, timide e appassionate voci hanno espresso il proprio amore per No Man’s Sky e tanti, non troppi, cosmonauti numerici continuano a viaggiare a lungo nel suo spazio e a percorrere i suoi pianeti con la consapevolezza malinconica ed esaltante che non riusciranno a vederli mai tutti, perché una vita non può bastare.
REQUISITI INDISPENSABILI
Onde evitare una dolorosa delusione è quindi importante comprendere a priori se facciamo parte di quei giocatori che possono amare l’esperienza proposta da Sean Murray. E non è una questione di raffinatezza o cultura ludica, poichè c’è un pubblico colto e consapevole del videogame inteso come arte che ha trovato insopportabile l’opera in questione, così come il ragazzino delle medie che gioca solo a Fifa o Call of Duty per rilassarsi dopo i compiti.
Innanzitutto bisogna amare la fantascienza, non solo quella cinematografica e televisiva dai ritmi più concitati e facilmente spettacolare, si deve soprattutto adorare e conoscere la letteratura sci-fi. Bisogna avere letto decine di romanzi e racconti, da Jack Vance fino a Dan Simmons, essere tra coloro che battono le bancarelle dell’usato in cerca di magnifici e quasi ammufitti volumi della collana Urania e guardano lo spazio stellato che ci sovrasta con il desiderio di colmarlo con le proprie ipotesi. L’anima del gioco è alimentata dalla cultura fantascientifica che la trasforma in un’esperienza non solo ludica ma soprattutto emozionale, riempiendo il tempo e annullando la monotonia (anche la superficie di Marte potrebbe essere noiosa per chi la ritiene solo un deserto rosso) grazie al ricordo delle storie lette sui libri, che qui trovano un riscontro virtuale attraverso segni da interpretare tra la vastità dello spazio, camminando per ore sulla superficie tossica di pianeti popolati da ratti-lucertola e su cui vegetano funghi abnormi tra erbe violacee.
UN GIOCO DEFINITIVO
In questo caso No Man’s Sky diventa un gioco di ruolo definitivo, in cui interpretiamo un personaggio le cui caratteristiche non sono la «forza», la «destrezza» o la «costituzione» ma il bagaglio culturale acquisito tramite centinaia di letture che si trasforma nelle azioni e nei pensieri di un personaggio trasportato in un plausibile, sconfinato ambiente spaziale. La cultura fantascientifica è fondamentale quindi per sopravvivere a No Man’s Sky, per superare con partecipazione davvero sentita i geniali limiti imposti da un inventario il cui spazio iniziale per immagazzinare risorse può risultare avaro imponendoci amare rinunce, per colmare con l’immaginazione gli orizzonti più vuoti e desolati e per alimentare il desiderio di scoprire e di comprendere quella che può diventare una sempre soprendente realtà parallela. Ha scritto a proposito Sean Murray: «Il ricordo più vivido, di quando stavo crescendo nell’Outback australiano, è di quando ho guardato le stelle e mi sono sentito piccolissimo. Leggevo tanti libri di fantascienza e avrei voluto fuggire in quei mondi. Se, anche per un solo momento, il nostro gioco riuscirà a far provare ai giocatori la sensazione di trovarsi all’interno della copertina di un libro di fantascienza e a far percepire loro le dimensioni del nostro universo, potrò ritenermi soddisfatto».
SLOW GAME
Bisogna che il potenziale fruitore di No Man’s Sky abbia chiaro cosa egli ritenga sia videoludico e quindi divertente per la sua personalità di videogiocatore, poiché nei videogame si agisce in decine di modi diversi e ciascuno ha le sue rispettabili preferenze. Se desiderate un’azione frenetica, il virtuosismo digitale di salti dalla precisione millimetrica, l’appagamento derivante da una prestazione agonistica, una narrazione immediata o ritrovarvi in compagnia online, il videogame di Murray non fa per voi. C’è azione anche in No Man’s Sky, vi capiteranno infatti sparatorie contro creature ostili e battaglie stellari. Ma sono eventi non troppo frequenti che è meglio evitare durante la fase iniziale, che può essere di decine di ore, perché si soccombe facilmente. In questo caso si viene premiati dalla lettura delle esemplari citazioni da centinaia di romanzi che accompagnano la schermata del Game Over.
Bisogna amare giocare con lentezza, affrontare il gioco con la stessa flemma con cui avete letto le migliaia di pagine del ciclo di Dune, immaginando i suoi desertici scenari parola dopo parola, trasformandoli in qualcosa di vero. Non bisogna avere fretta di arrivare al centro dell’universo.
Così, vagando per la galassia, realizzerete, ad un certo punto, che non state solo videogiocando ma scrivendo nella memoria il vostro personale romanzo di fantascienza.