Le primarie del partito democratico Usa si sono appena concluse con la proclamazione di Hillary Clinton. Bernie Sanders si è congratulato con lei ma ha promesso che, in ogni caso, porterà avanti la battaglia fino alla convention di Philadelphia. La decisone del senatore del Vermont è molto criticata anche da sinistra, indebolire così Clinton in realtà fa solo il gioco di Trump, dicono quelli che nella decisione di Sanders vedono narcisismo e ostinazione senza un progetto. Non la pensano così i suoi sostenitori.

«La scelta di Sanders di andare avanti non viene capita in quanto chi la commenta guarda a lui come ad un candidato alla Casa bianca – dice Sam, 28 anni sostenitore di Sanders oggi e parte di Occupy Wall Street nel 2011 – ma non è la solita corrente interna al partito democratico, questo è un movimento, che è entrato in politica e visto che le scelte in America son solo due, è entrato come democratico. Che Hillary abbia vinto o meno non è il punto ora. Per avere peso politico bisognerà andare fino alla convention, parlare con i delegati. Questo non rafforzerà Trump, solidificherà però la posizione radicale contro quella dello status quo». Ma a un certo punto arriverà il momento di votare.

«Io ho il passaporto americano ma sto per tornare a vivere in repubblica Ceca – dice Libor 40 enne e parte attiva di Occupy Wall Street – non ho mai voluto votare negli Stati Uniti, ma per queste primarie mi sono iscritto al Partito democratico solo per votare Sanders e dare un segno chiaro, visto che non sarò più qui e non voterò a Novembre. Il messaggio che deve arrivare è o lui o niente. Il mio, come quello di molti altri, non è un voto per i democratici o un voto contro Trump, è un voto per Sanders».

«Non voterò per Hillary – afferma chiaramente Laura, 38enne, attivista per i diritti umani – in realtà la mia candidata ideale sarebbe Jill Stein dei Verdi, ma ho supportato Sanders qua nello stato di New York e continuerò a supportarlo alla convention. Posso essere così rigida nelle mie posizione perché vivendo e votando qua a New York posso permettermelo. Diverso il discorso per chi vive e vota in stati che vanno tradizionalmente ai repubblicani o in bilico come la Florida o l’Ohio».

Ma la voglia di non votare per Hillary è forte anche in stati ben meno democratici. «Hillary e Trump, per una buon fetta della base di Sanders, sono percepiti come la stessa moneta – spiega Joshua, 32 enne, professore di scienze politiche e parte di quella base di Sanders di cui parla – cosa accadrà a novembre è molto nelle mani di Trump e di quanto si renderà invotabile. Hillary la si conosce, si sanno tutte le sue innumerevoli pecche, è un prodotto politico noto, Trump, invece, è nuovo alla politica, per ora ha sparato solo slogan propagandistici, adesso si vedrà di che vera pasta politica è fatto. Tradizionalmente i giochi seri si fanno adesso. Ora che il campo è ristretto ci si confronta su i temi veri. A chi vuoi affidare il potere dell’armamento nucleare Usa? A chi i diritti civili? E l’economia? Gli americani confronteranno i due candidati su questi temi, per questo dico che se la base di Sanders a novembre voterà per Hillary o meno, non dipenderà tanto da lei, ma da lui, da quante sparate impresentabili farà».