Come tutti i lavori di Orson Welles da L’orgoglio degli Amberson in poi, anche la «serie» televisiva Around the World with Orson Welles, del 1955, è stata funestata da disavventure produttive di ogni sorta. Commissionato al regista di Quarto potere dal canale inglese ITV, il programma avrebbe dovuto essere composto di oltre 20 episodi girati appunto in ogni angolo del globo, di cui infine solo sei andarono in onda, e tutti girati in Europa.
Oggi al Teatro Palladium della Garbatella a Roma arrivano per la prima volta sugli schermi italiani nel corso del Festival Arcipelago di Cortometraggi e Nuove Immagini. Nel corso dei sei episodi, Welles conduce lo spettatore nei Paesi Baschi, a Parigi, nel quartiere di Chelsea a Londra e a una corrida a Madrid. La puntata girata a Vienna, dal titolo The Third Man Returns to Vienna – dove Welles aveva recitato in Il terzo uomo di Carol Reed – è stata data per scomparsa per molti anni, fino al suo ritrovamento nel 2011. In verità il regista aveva lavorato anche a un settimo episodio, che rimase incompleto e non andò mai in onda, incentrato su un caso di cronaca nera che fece scalpore in quegli anni in Francia: il cosiddetto Dominici Affair.

E ad Arcipelago continua anche, fino a martedì, la proiezione dei cortometraggi del concorso internazionale – Short Planet – e italiano, Con/Corto. Tra i lavori provenienti da tutto il mondo sono tantissimi quelli di animazione: dal belga Les Pecheresses di Gerlando Infuso al brevissimo The Black Tape di Michelle e Uri Kranot. In Grace Under Water, lavoro in stop-motion dell’australiano Anthony Lawrence, l’acqua è l’elemento che consente di stabilire una connessione tra una madre e la figlia adottiva.
Tra tutti spicca però The Bigger Picture dell’inglese Daisy Jacobs, che non a caso è stato candidato agli Academy Awards dell’anno scorso come miglior corto di animazione. Unendo stop motion e un originale metodo di disegno sui muri, The Bigger Picture racconta in soli sette minuti le tensioni e le dinamiche fra due fratelli e l’anziana madre, a cui uno ha dedicato tutta la vita mentre l’altro si è concentrato sulla carriera. Un piccolo gioiello che oltre a «brillare» per l’originalità della sua tecnica riesce a racchiudere in poche battute l’essenza dei drammi e dell’amore in famiglia.

Tra i cortometraggi non di animazione, i due americani – The Bravest, The Boldest di Moon Molson e County State Usa. Sweet Corn di Jonathan Nowak – ci portano in location ai poli opposti: il primo in un condominio popolare di New York e il secondo in un paesino del profondo sud circondato dai campi di granturco. The Bravest, The Boldest è appesantito da un fortissimo moralismo in chiave religiosa, mentre County State è un piacevole noir in cui una rapina nella banca di un paese dove tutti si conoscono prende una piega inaspettata, con tanto di non troppo velata critica alle banche che spogliano le persone di tutto ciò che hanno.

Nel concorso italiano, invece, spicca A Ciambra di Jonas Carpignano. Come A Chijana, il corto che il regista italoamericano aveva portato nel 2011 a Venezia, era il prodromo del suo lungometraggio Mediterranea, visto a maggio alla Quinzaine des Realizateurs, il corto in concorso ad Arcipelago è il preludio di un lavoro più articolato a cui Carpignano sta lavorando. Tutti i suoi documentari sono girati a Rosarno, in Calabria, dove il regista è arrivato nel 2010 per documentare la rivolta dei migranti. Protagonista di A Ciambra è però Pio, un bambino Rom che rifornisce tutto il paese di oggetti di dubbia provenienza, dagli ipod ai capi d’abbigliamento.
E da Cannes viene anche anche Leidi di Simon Mesa Soto, vincitore l’anno scorso del premio come miglior corto. Ambientato a Medellin, in Colombia, segue la protagonista adolescente mentre, con neonata al seguito, cerca l’evanescente fidanzato Alexis, incontrando ad ogni angolo altre ragazze incinte e uomini che non hanno intenzione di avere alcuna responsabilità.